Caro Ministro,
Da quando si è insediato ad oggi la troviamo nei più seguiti talk show e la leggiamo nelle maggiori testate giornalistiche dove racconta con dovizia di particolari le sue capacità e la sua solerzia nel reperire risorse da investire nelle giustizia, reclutare nuovo personale, nell’accelerare i processi tecnologici.
Cose a suo dire mai fatte dai suoi predecessori.
Chi la ascolta e la legge, soprattutto coloro che non vivono la quotidianità negli uffici giudiziari, plaudono alle sue capacità.
In tante sedi, anche istituzionali, lei ha ribadito che uno dei punti della sua riforma era riconoscere al personale in servizio la professionalità acquisita attraverso una stra meritata ricollocazione nei profili professionali superiori. Al pari lei si era impegnato a bandire concorsi per un ricambio generazionale, cosa di cui la giustizia ha un estremo bisogno, che andasse però di pari passo con la riqualificazione del personale in servizio.
Queste sono le promesse che il personale si aspettava lei mantenesse, soprattutto perché quando si insediò riaccese le speranze dei lavoratori. Speranze miseramente naufragate sugli scogli della inadeguatezza a trovare soluzioni utili a risolvere l’annoso e spinoso problema riguardante la mancata progressione di carriera del personale giudiziario. Lo vogliamo ricordare unico tra tutti i pubblici dipendenti a non avere mai proceduto in tal senso.
Nell’ultima missiva lei ha sottolineato che l’azione di governo è stato improntata ad un profondo rinnovamento delle politiche del personale della giustizia e ad una continua attenzione al personale amministrativo: con particolare riferimento alla valorizzazione delle competenze maturate e della professionalità acquisita.
Peccato che di tutte le cose strabilianti che lei ha detto e fatto in merito al personale, non ne abbiamo ancora contezza in termini di benefici.
Nell’amministrazione della giustizia c’è chi si preoccupa delle statistiche e chi del cittadino; chi del tribunale delle imprese per favorire gli investitori stranieri e chi di dare un servizio giustizia alla cittadinanza; chi appare sulle prime pagine dei giornali e chi invisibile opera per il bene della collettività.
Questo naturalmente perché il personale giudiziario si è sempre prodigato, nelle mille difficoltà quotidiane, a mantenere alti gli standard della giustizia e ad offrire al cittadino un servizio degno di una società civile, consapevole del ruolo che ricopre e della centralità del cittadino.
Purtroppo però caro ministro il personale non ha mai fatto notizia, i problemi che affliggono la giustizia ed il cittadino comune non assurgono alle cronache dei media tranne quando agli stessi serve per creare la notizia.
Eppure questo personale opera in prima linea e fa da pungi ball con l’utenza circa le disfunzioni, la disorganizzazione, la carenza di mezzi e strutture.
Personale il cui supporto ed apporto è indispensabile alla giurisdizione e la cui esperienza e conoscenza potrebbe essere utile per risolvere alcuni dei problemi che affliggono il servizio giustizia.
In realtà anche lei, in perfetta continuità con i suoi predecessori ha trovato soluzioni che, per quanto innovative siano, gravano sulla pelle e toccano la carne viva dei lavoratori.
Il prossimo avvio delle procedure di riqualificazione di cui all’art. 21 quater decreto legge n. 83/2015 come convertito e modificato dalla legge n. 132/2015 pur essendo frutto del suo impegno interesserà una minima parte del personale con tutte le conseguenze negative che comporterà.
Anche il nuovo personale proveniente dalla mobilità esterna è opera del suo impegno ma come era prevedibile ha innescato un meccanismo perverso dovuto al fatto che non essendoci stata una preventiva riqualificazione del personale interno, quest’ultimo si è sentito scavalcato da lavoratori senza specifiche competenze; il tutto aggravato dalla beffa di dover formare i nuovi arrivati compresi coloro che ricoprivano posti di responsabilità.
Il 1° settembre è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, quando ancora una volta personale proveniente da Enti disciolti in particolare modo dalla CRI per lo più infermieri, meccanici, barellieri, medici, che in questo momento sarebbero stati più utili ai territori ed alle persone colpite dal sisma, è stato buttato nella mischia allo stesso modo di coloro che li avevano preceduti.
Molte di queste persone, vittime anch’esse del sistema, dovrebbero ricoprire posti di responsabilità senza avere conoscenze, competenze e senza che nessuno si sia preoccupato di dargli il benché minimo supporto o formazione.
Cosa spera Ministro che i sopravvissuti della giustizia ancora una volta si rimbocchino le maniche e le tolgano le castagne dal fuoco? Cosa crede che si continui a chinare la testa e a dire sissignore, va bene signore?
Lo sa dove sta il paradosso? sta nel fatto che lei ed il suo staff per riconoscere al personale in servizio un profilo di cui già svolgono le mansioni da anni pretende corsi di formazione a priori ed esami scritti ed orali affinché vinca il migliore.
Senza parlare di quelli che resteranno al palo e di tutti gli altri profili che non sono proprio contemplati e che assistono impotenti alla disfatta di Caporetto.
Tutto ciò è ridicolo e irragionevole.
Ed è questa irragionevolezza ad avere accresciuto il clima che oggi si respira negli uffici giudiziari e che alimenta una serie di reazioni a catena.
Un’amministrazione attenta e non matrigna avrebbe dovuto prevenire tutto ciò facendo le cose giuste per evitare quanto sta accadendo, avrebbe dovuto tenere in debito conto del malessere che serpeggia tra il personale e fare tutti i passi necessari, quantomeno, per attenuare questo malessere.
Oggi abbiamo: il personale in servizio che si sente, a giusta ragione, defraudato del diritto alla carriera; il personale proveniente dagli enti disciolti disorientato perché sbattuto in una realtà completamente avulsa dalle loro precedenti mansioni e per giunta in un clima quasi ostile.
E’ scontato che l’ostilità del personale in servizio non è nei confronti dei nuovi arrivati ma frutto della frustrazione per la mancata riqualificazione e il non riconoscimento della professionalità acquisita.
Inquadrare il personale in mobilità nei profili professionali dell’amministrazione ricevente tenendo conto semplicemente del livello economico crea perplessità, malumori e disorientamento dall’una e dall’altra parte.
Chiaramente queste responsabilità di governo andavano affrontate preventivamente in quanto le cose dovrebbero funzionare diversamente, infatti la professionalità è garanzia della qualità del servizio ed è a questo che deve mirare un’amministrazione accorta ed attenta ai bisogni dei cittadini.
Non ci si improvvisa operatori del diritto, così come non ci si può improvvisare infermiere, geometra, architetto, meccanico o altro.
Va da se che questo guazzabuglio è frutto di politiche scellerate avallate anche da quelle sigle sindacali collaborazioniste più attente ai propri interessi che a salvaguardare gli interessi dei lavoratori.
La USB, da sempre voce fuori dal coro, non resterà inerte ad assistere a questo scempio e sin dai prossimi giorni intraprenderà tutte le azioni necessarie a salvaguardia e garanzia dei diritti di tutti i lavoratori.