Dal 15 ottobre come tutti ormai sappiamo sarà introdotto il Green pass in tutti luoghi del lavoro, sia nel pubblico che nel privato. USB conferma anche oggi il suo giudizio negativo su uno strumento che non ha nulla a che fare con la salute pubblica e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nei luoghi di lavoro le aziende si stanno “ingegnando” per introdurre nuove forme di controllo legate al green pass, distorcendo le tutele sulla privacy e minacciando addirittura “ipotesi di richieste di risarcimento del danno” nei confronti dei lavoratori che dichiarano di esserne sprovvisti.
Nel frattempo, in un quadro in cui i protocolli di Cgil Cisl e Uil si dimostravano già deboli, stanno saltando anche le più banali regole di sicurezza su distanziamento e DPI a fronte dell’insinuazione dell’idea che i posti di lavoro grazie il green-pass siano diventati delle isole covid free. Ma sappiamo invece che così non è.
Ed è per questo motivo che la nostra organizzazione continua a rivendicare:
1 - Che l’utilizzo del Green-Pass venga escluso dai luoghi di lavoro.
2 - L’introduzione di nuove misure a partire dallo screening a carico del datore di lavoro: la misura dello screening attraverso tampone rapido antigenico deve riguardare TUTTI i lavoratori laddove, nella valutazione del rischio effettuata dal datore di lavoro, si presentino particolari situazioni di promiscuità, mancanza di distanziamento, pericolo di contatto stretto o altro. In questi casi solo il medico competente potrà tenere conto della presenza di personale vaccinato al fine di determinare il piano di screening. Deve altresì rientrare tra le misure da attuare obbligatoriamente PER TUTTI i lavoratori in caso di focolai (legge 81/2008). In aggiunta ai protocolli esistenti il tampone antigenico va indicato anche per i lavoratori vaccinati in caso di sintomatologia lieve afferente al covid-19.
Tali operazioni devono essere gestite esclusivamente dal medico competente, nella riservatezza del dato sanitario. Lo screening deve essere a carico dell’azienda. In questo senso si dovrebbero prevedere potenziamenti di lavoratori pubblici diagnostici al fine di reggere l’incremento della domanda in convenzione con le aziende. Le Asl e altri enti pubblici preposti devono ricevere i protocolli e valutare l’adeguatezza dei metodi adottati ed eventualmente intervenire sia a livello consultivo che a livello di vigilanza.
3 - I DPI devono essere assegnati individualmente e vanno adottate nuove procedure di lavaggio degli indumenti di lavoro anche in aziende sotto i 15 dipendenti.
4 - I controlli interni devono essere di natura sanitaria e affidati alla valutazione del medico competente. Qualsiasi altro tipo di controllo deve avvenire nel rispetto delle norme di legge e deve essere sempre esclusivamente fatto da organismi pubblici e a campione, assicurando la casualità del controllo.
Il Governo dovrebbe assumersi le sue responsabilità, ma nella volontà di mantenere la situazione dentro al torbido decisionale più totale, sta scaricando sulle lavoratrici e sui lavoratori il peso di una discussione enorme e divisiva, permettendo alle imprese di servirsi della “calda coperta pandemica” per destrutturare diritti e introdurre misure che poco hanno a che fare con la salute pubblica.
Per questo motivo è necessario, mantenere una chiara impostazione nel merito delle misure di sicurezza, su cui è necessario far partire la discussione azienda per azienda.
La nostra organizzazione dà quindi mandato a livello nazionale ad attuare tutte le iniziative utili a sostenere queste indicazioni. Allo stesso tempo vanno respinte con fermezza iniziative che abbiano come scopo il rifiuto totale a qualsiasi misura di sicurezza tese ad abbracciare impulsi complottisti o negazionisti della pandemia.
Unione Sindacale di Base – Lavoro Privato