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Foto di Patrizia Cortellessa

Editoriali

Omicidi sul lavoro, austerità, guerra ed autonomia differenziata: dalla manifestazione del 1° giugno un pezzo di blocco sociale che non si arrende a questo stato di cose

Roma,

C’è una concomitanza di avvenimenti che dovrebbe preoccuparci tutti mentre, invece, sembra non stia succedendo nulla. Anche solo a voler rimanere su quelli più eclatanti ci sarebbe da perdere il sonno. Comincerei dall’omicidio di Satnam Singh, un evento brutale nella sua dinamica ma che ha dato seguito a comportamenti orribili, inumani e che dovrebbero essere impensabili per chiunque. Non solo le condizioni di lavoro, di sfruttamento, a cui era sottoposto lui, sua moglie e chissà quanti altri come lui nelle campagne di Latina che sono l’humus in cui gli eventi che portano alla morte, a mutilazioni, a infortuni gravi avvengono, ma la lucida terribile determinazione del datore di lavoro, del padrone degli schiavi, Antonello Lovato da Latina, nel disfarsi di quel corpo ormai inutile, un bracciante senza braccia deve essergli sembrato solo un fastidio di cui liberarsi al più presto. Non era più affar suo. Purtroppo sembra non sia più neanche affar nostro: l’assuefazione ha preso il sopravvento, l’indignazione si conta a minuti secondi, si digerisce tutto, come gli struzzi, a fare da bicarbonato gli europei, il gossip televisivo, il caldo, i propri piccoli e grandi affanni giornalieri.

Proprio quegli affanni che si prospettano all’orizzonte grazie a quell’Unione Europea di cui è stata rinnovata la compagine parlamentare con un’astensione record a segnalare una lontananza abissale di cui nessuno si preoccupa o che nessuno vuole prendere in considerazione. Ci comunicano con nonchalance e sorriso sulle labbra che dobbiamo di nuovo rientrare dal deficit, che per i prossimi 7 anni dovremo tirare fuori 10 miliardi all’anno e dobbiamo inoltre ridurre ulteriormente le spese che, per chi fosse duro d’orecchie, vuol dire tagli alle pensioni, alla sanità, all’istruzione…Nel mentre ogni giorno si sottoscrivono accordi e impegni per stanziamenti miliardari per sostenere l’invio di armi all’Ucraina e ci si gira dall’altra parte di fronte allo sterminio di massa che Israele sta perpetrando indisturbato ormai da mesi in Palestina ignorando qualsiasi appello al cessate il fuoco pur se questa volta arrivano anche da blasonate istituzioni internazionali e la linea che ci divide da un vero e proprio conflitto mondiale si assottiglia ogni giorno di più.

L’ultimo avvenimento che dovrebbe far saltare sulla sedia, o dal divano, tutti noi è l’attacco alla Costituzione da parte del Governo Meloni e della sua compagine che sta lavorando alacremente allo smantellamento della funzione del Parlamento e dell’unità territoriale e politica del Paese. Certo ha gioco facile, se pensate al fatto che tutti quelli dell’opposizione, quelli del campo largo, del fronte unito, delle manifestazioni indignate erano solo pochi mesi fa tra i principali fautori dell’autonomia differenziata e oggi chiamano alla mobilitazione unitaria per impedirla perché a portarla a termine è Giorgia e non Bonaccini.

La grande manifestazione del 1° giugno contro il governo Meloni ha dato un qualche barlume di speranza, ha mostrato un pezzo di società, di blocco sociale che non si arrende allo stato delle cose presente. C’è da ragionare su come tornare ad occupare l’enorme spazio vuoto, e in parte desolato, che gli estimatori della competizione internazionale hanno lasciato per correre tutti nella stessa direzione, salvo cambiare maglia.

Unione Sindacale di Base