Si è tenuta questa mattina alle 8,45 l’audizione dell’Unione Sindacale di Base presso la XI Commissione Senato sul Disegno di legge 3249 – Riforma del lavoro.
All’audizione, presieduta dal Presidente la Commissione Lavoro Previdenza Sociale Pasquale Giuliano e dal Vice Ministro al Welfare Michel Martone, per la USB sono intervenuti Fabrizio Tomaselli, dell’Esecutivo confederale nazionale e Carlo Guglielmi dell’Ufficio giuridico della Confederazione nonché Presidente del Forum Diritti/Lavoro.
Nel corso dell’audizione Tomaselli ha chiarito la posizione nettamente contraria dell’organizzazione invitando i numerosi senatori presenti a non votare il disegno di legge definito “Controriforma del mercato del lavoro”.
L’avvocato Guglielmi ha illustrato sinteticamente la articolata relazione giuridica che la USB ha presentato e consegnato al Presidente smontando, nei pochi minuti a disposizione, il testo del disegno di legge sia dal punto di vista giuridico che degli effetti che, se approvato, avrà sul mercato del lavoro e sui diritti dei lavoratori.
Al termine dell’audizione la delegazione USB ha anche consegnato al Presidente e al Vice Ministro Martone una proposta di emendamento all’articolo 52 del DdL sulla questione degli “esodati” predisposto dal Comitato Esodati d’Italia (leggi il testo in allegato).
Queste le nostre valutazioni esposte alla Commissione:
Nessuno può negare il presupposto da cui nasce la necessità di una riforma del lavoro e cioè il vero e proprio disastro compiuto dalle leggi che si sono succedute dalla fine degli anni 80 e poi con sempre maggiore velocità a partire dal 1997 con il cosiddetto pacchetto Treu, e poi la riforma dei contratti a tempo determinato del 2001, la legge Biagi del 2003, il collegato lavoro del 2010 e il famigerato “art.8“ del 2011, per arrivare al cd Salva Italia del 2012 che, imponendo l’età pensionabile più alta d’Europa, ha definitivamente bloccato ogni possibile turn over (e questo per citare solo i provvedimenti principali voluti dalle forze che oggi sostengono il Governo).
Si è infatti deciso di condannare le ultime due generazioni alla precarietà assoluta togliendo loro ogni prospettiva di una costruzione di una “vita libera e dignitosa”. E le si è usate per impoverire di salario e diritti i lavoratori già nel mercato, spingendo così l’imprenditoria italiana a competere sempre più sul costo del lavoro e la disciplina di fabbrica abbandonando ogni seria innovazione di prodotto o processo e ogni politica industriale e di ricerca.
E da ciò è conseguito il progressivo e inarrestabile tracollo contemporaneo della capacità produttiva del paese, dei consumi e della democrazia nel suo insieme che era stata disegnata dalla Carta proprio fondandola sulla capacità di sorveglianza ed espansione della stessa ad opera delle lavoratrici e dei lavoratori.
In questo quadro sarebbe stata invece necessaria una riforma che davvero mettesse fine al dilagare della precarietà (consentendo ai lavoratori una cornice di diritti condivisi da cui ripartire per la riconquista della dignità del lavoro con rinnovate regole sulla loro capacità di effettiva rappresentanza) e che finalmente tendesse all’universalizzazione del riconoscimento del diritto ad un reddito per consentire una vita libera e dignitosa anche a tutti i non occupati (all’interno di una rinnovata capacità del pubblico di orientare lo sviluppo nell’economia reale privilegiando ricerca, sviluppo di qualità e progressiva conversione ecologica).
Leggendo il Disegno di legge 3249, meglio noto come “Riforma Monti–Fornero”, la prima considerazione generale che emerge è che si tratta di una riforma profondamente ingiusta che quindi non consente a nessuno che davvero abbia a cuore le premesse da cui è partita di essere “complice” della stessa: noi non lo siamo e non lo saremo.
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