L'Italia è l'unico paese occidentale dove i salari negli ultimi 30 anni sono diminuiti invece che aumentare. Il 32% delle lavoratrici e dei lavoratori in questo paese percepisce un salario troppo basso per affrontare con agio i costi della vita.
Una enorme categoria dove sono concentrate moltissime donne, giovani e migranti, che si estende dalle multiservizi alla gestione del patrimonio culturale, da ristorazione e turismo al bracciantato, dalla vigilanza a tante forme di lavoro di cura della persona e dell'ambiente, domestico o in strutture, appaltato a gestione privata e a cooperative.
Settori segnati da bassi salari, da part-time involontario, da rapporti di lavoro intermittenti e spesso irregolari, come nel caso di tanti tirocini o stage che nascondono dietro la formula "percorsi formativi" un vero e proprio lavoro nero, mal retribuito e non tutelato.
Settori dove, spesso, di pari passo ai bassi salari va il mancato rispetto dei datori verso diritti, tutele, salute e prevenzione degli infortuni sul lavoro.
In barba all'articolo 36 della Costituzione che afferma: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".
Se già per molti lo stipendio è molto meno che sufficiente, oggi i prezzi delle utenze, del carburante, dei servizi e degli alimentari aumentano, ma gli stipendi restano - nel migliore dei casi - fermi.
Per questo l'8 marzo, giornata di sciopero generale, manifesteremo al Ministero del Lavoro insieme alle lavoratrici e ai lavoratori dei settori sottopagati. Il governo deve aprire con urgenza un tavolo che promuova una legge sul salario minimo, come base per un rialzo complessivo degli stipendi. Non possiamo lasciare che i minimi salariali vengano stabiliti dalla contrattazione, per di più se la contrattazione monopolizzata da Cgil Cisl Uil ha avuto come esiti, negli ultimi decenni, l'abbassamento degli stipendi per milioni di dipendenti.
La legge deve prevedere un "pavimento", una cifra da applicare ai minimi tabellari di tutti i CCNL, al di sotto della quale non sia possibile pagare nessun dipendente. Cifra che individuiamo oggi in 10€ l'ora, ma che deve essere modificabile a seconda del cambiamento dei costi della vita. La legge che vogliamo, dunque, deve prevedere meccanismi di adeguamento e una commissione di controllo sull'andamento dell'inflazione e conseguenti necessità di rialzo della cifra, come è successo in questi anni in molti paesi europei.
La nostra proposta ha suscitato riscontri da parte del Movimento 5 Stelle durante la precedente legislatura, e ora invitiamo ad interloquire gruppi parlamentari e forze politiche, associazioni, comitati che stanno dimostrando il coraggio politico di sostenere una riforma del genere, che di fatto redistribuisce profitti e rappresenterebbe un passo avanti nel contrasto alle disuguaglianze e alla povertà.
L'interesse dimostrato da gruppi parlamentari e soggetti politici come ManifestA, Potere al Popolo e Alternativa rafforza la convinzione che sia possibile scuotere il torpore della maggioranza su quella che riteniamo una priorità del paese: ricominciare a parlare di aumenti dei salari dopo anni di ribasso continuo.
L'iniziativa quindi sarà un modo per articolare la proposta e dialogare con parlamentari, forze politiche, delegate e delegati, lavoratrici e lavoratori, all'interno del percorso che ci condurrà l'8 marzo, alle 10.00, in piazza Barberini per rivendicare l'avvio di un confronto tra Ministero del Lavoro e parti sociali, verso una legge sul salario minimo.
Unione Sindacale di Base
Federazione del Sociale USB