È notizia di ieri la decisione del governatore della Campania Vincenzo De Luca di sospendere l’attività didattica in tutti gli istituti della regione fino al termine del mese. Negli ultimi giorni, la scuola è tornata prepotentemente al centro del dibattito pubblico del paese. In occasione della conferenza Stato-regioni, il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini aveva proposto la sospensione dell’attività didattica in presenza nelle scuole superiori del paese al fine di alleggerire il sistema pubblico dei trasporti, oggi più che mai insufficiente a rispondere ai bisogni dei cittadini, degli studenti e delle studentesse. Sempre Bonaccini individuerebbe come soluzione alternativa quella di distribuire gli orari scolastici in maniera più spalmata sull’arco della mattina e del pomeriggio. Così facendo, si diminuirebbe la pressione su coloro che devono essere portati a scuola e riportati a casa.
Lo diciamo dall’inizio di marzo e lo abbiamo tenacemente ripetuto in occasione delle numerose iniziative di protesta, culminate con la due giorni di sciopero del 24-25 settembre, che ci hanno visti protagonisti insieme agli studenti e a tutti i lavoratori della scuola: la chiusura delle scuole e la sospensione delle attività didattiche in presenza rappresentano il fallimento dello stato di diritto, il collasso del sistema-Stato, non più in grado di adempiere alle sue funzioni principali. Il paradosso è che oggi la pandemia da COVID-19 ha in realtà rimesso al centro gli Stati e le loro funzioni. Questo riguarda tanto l’aspetto politico decisionale, quanto quello prettamente economico, attraverso la rottura dei vincoli di spesa. Tuttavia, come abbiamo ribadito in occasione dell’assemblea nazionale del 12 di ottobre, tutto questo non va nella direzione che come organizzazione sindacale riteniamo la sola possibile. Gli obiettivi strategici rimangono infatti quelli definiti dall’Unione Europea e i numerosi strumenti finanziari straordinari come il Recovery Fund e il MES sono di fatto vincolati a tali obiettivi. In altri termini, le politiche economiche europee costituiscono una gabbia, un limite insuperabile e gli spazi di manovra a livello nazionale non possono che essere interni al perimetro tracciato da tali politiche.
Noi non ci stiamo. La didattica a distanza non è la soluzione del problema, ma un problema in più che si aggiunge a un quadro già di per sé drammatico. Essa inasprisce le disuguaglianze che di fatto esistono tra gli studenti e tra le diverse zone del nostro paese. Il primo di settembre le scuole hanno riaperto nelle stesse condizioni strutturali nelle quali avevano chiuso a marzo. Edifici inadeguati quando non a norma, organici sottodimensionati, centinaia di migliaia di cattedre e di posti ATA scoperti a causa dei ritardi delle nomine dei precari e di una stabilizzazione insufficiente nei numeri e nelle forme. Ancora una volta, chi governa non ha intrapreso alcuna scelta per evitare l’insopportabile contrapposizione tra diritto alla salute e diritto allo studio. Noi continueremo a denunciare una situazione che tenderà peraltro a peggiorare. I responsabili hanno un’identità ben riconoscibile, sono tutti coloro che si sono iscritti al partito del liberismo. Decenni di disinvestimenti e di privatizzazioni hanno reso il sistema pubblico scolastico debole, già incapace di adempiere alle proprie funzioni in una situazione per così dire normale, oggi in totale apnea in un contesto di crisi acuito, ma non creato, dalla pandemia.
Chiediamo che si adeguino i sistemi dei trasporti pubblici locali alle reali esigenze dei cittadini, che non si sacrifichino ancora e sempre studenti e studentesse in nome del profitto. Chiediamo uno Stato che investa strutturalmente in tutto ciò che serve al paese e non nell’interesse di una ristretta cerchia di ricchi e potenti che continuano ad arricchirsi mentre il resto del paese subisce le gravissime conseguenze di una pandemia ormai presente da mesi e contro la quale si potevano e si possono prendere misure decisamente più adeguate.
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