Stride e dà parecchio da pensare vedere una platea silenziosa e assorta ascoltare la missina Meloni, temporaneamente presidente del Consiglio dei ministri, parlare dal palco del congresso della Cgil.
A parte la sparuta pattuglia riconducibile alla cosiddetta sinistra Cgil, che invece di impedirle di parlare ha abbandonato il campo cantando Bella Ciao in favore di telecamere, gli altri 900 e passa delegati hanno deferentemente accolto la presidente del governo più a destra dalla caduta del fascismo. Un fermo immagine destinato a lasciare un’impronta sinistra (sinistra, non di sinistra), ai futuri sviluppi delle relazioni tra il governo Meloni e i sindacati gialli italiani.
Al di là delle chiacchiere e delle fotografie dell’incontro, sullo stesso palco di Rimini, con gli esponenti delle formazioni politiche amiche, emerge con ancora più forza la disponibilità di Landini e del suo corpo burocratico a negoziare, senza pregiudizi e pregiudiziali, con chi come mission di governo ha la lotta al lavoro dipendente, ai ceti popolari, ai disoccupati, ai precari, ai poveri, operando capriole di notevole entità rispetto al programma roboante che ne aveva decretato il successo elettorale anche nel blocco sociale a quel pensiero storicamente antagonista.
Insomma tutto il sindacato giallo italiano, dando per scontato un analogo atteggiamento quantomeno senziente di Cisl e Uil, si prepara ad una lunga stagione di concertazione e dialogo sociale con l’unica ambizione di vedersi confermato il monopolio della rappresentanza di un blocco sociale che invece lo ha abbandonato da tempo e, in nome di questo primato, mantenere inalterati i privilegi di cui gode, anche se a garantirli sarà, questa volta, il governo italiano più a destra che il Paese ricordi dal 1945 ad oggi.
Lo stridore di quanto accaduto a Rimini rispetto a quanto accaduto nei giorni e nelle settimane scorse in Francia, risuona forte e rende evidenti le enormi responsabilità di un sindacato che ha incessantemente lavorato a disarmare il movimento dei lavoratori e a soffocare sul nascere ogni vagito di conflitto, in nome di una politica della riduzione del danno che di danni ne ha invece fatti innumerevoli e gravissimi.
Spetta al movimento e ai sindacati di classe riempire lo spazio del conflitto tra capitale e lavoro che inevitabilmente si allargherà, e dare indicazioni e proporre risposte di classe e di massa all'accettazione delle politiche di austerità che l’Unione Europea sta imponendo nel tentativo, probabilmente ed auspicabilmente vano, di rinviare la fine del modello sociale, economico e produttivo capitalista che anche Landini & co. hanno platealmente e definitivamente scelto come proprio orizzonte.
Unione Sindacale di Base