Arrivano dei momenti nella vita in cui sei chiamato a scegliere, magari capiterà poche volte, ma quando questo succede, devi prendere posizione e decidere da che parte stare. Non puoi più tergiversare, barcamenarti e aspettare per vedere come si mette e che cosa succede, per saltare poi alla fine sul carro del vincitore.
Nel corso della settimana appena trascorsa, abbiamo registrato tre casi davvero esemplificativi (e al tempo stesso lungimiranti) di quanto accade e delle posizioni assunte palesemente contro gli interessi dei lavoratori.
Cominciamo dalla manifestazione all’ARAN indetta dalla nostra OS per intimare il rinnovo del contratto del pubblico impiego, l’area unica amministrativa e infine la riduzione dell’orario a 32 ore lavorative, mantenendo invariata la retribuzione.
Che fossimo da soli a richiedere con chiarezza e determinazione senza se e senza ma tutto quanto sopra, peraltro contenuto nella nostra piattaforma contrattuale, lo sapevamo da tempo. Gli altri infatti hanno cincischiato in perfetto sindacalese.
Quello che non ci aspettavamo e che ci è stato confermato senza alcuna remora dal presidente dell’ARAN è che il problema delle mansioni siamo stati noi soltanto a porlo, mentre “nessuna richiesta è pervenuta finora da parte delle altre OO.SS.”. Come se la vertenza non esistesse. Dunque, una questione di scelta.
Quarantotto ore prima sul tavolo nazionale due sole OO.SS. su cinque decretano di sposare il lodo Boeri e firmano inopinatamente l’accordo sulla istituzione di un nuovo profilo professionale che molto presto arrecherà inevitabili danni a tutto il personale, motivando finanche nelle dichiarazioni di voto finali la loro scelta con la immaginifica visione di un bicchiere che ora ritengono mezzo pieno (di sterco).
Considerazioni sulla oggettiva rappresentatività a parte, CISL e UIL hanno deciso comunque di sorreggere un presidente stranamente in tono dimesso. Un’altra scelta. Riannodando all’incontrario il filo della memoria, non possiamo non rammentare le giustificazioni fornite a più riprese nella nostra regione sulla presunta iniziativa assunta “spontaneamente” dai lavoratori per aprire le sedi al sabato.
Un plurale maiestatis che francamente stona e fa a cazzotti con la realtà dei fatti laddove è facilmente riscontrabile che si è trattato invece dell’iniziativa di una sola persona.
Anche qui, per la terza volta, una scelta precisa che si ritorce contro i lavoratori mentre direzioni boccheggianti provano a scaricare l’ingombrante responsabilità.
Restiamo naturalmente in attesa di conoscere fedelmente e con il dovuto rigore settimana dopo settimana il rapporto costi/benefici, il numero dei colleghi che in realtà hanno aderito e gli adempimenti svolti in relazione alle singole competenze. Perché anche stavolta, a prescindere dai classici fiancheggiatori, più di qualcuno ha predicato bene e razzolato male, appiattendosi alla fine sui diktat di una DG sempre più disorganizzata e lontana dal territorio.
La domanda è d’obbligo: ma che altro aspettano i colleghi dubbiosi a rendersi conto?