Cittadini romani sbigottiti di fronte agli ingressi sbarrati delle fermate delle metropolitane o in attesa di infrequenti autobus, tratti in inganno da imprecise comunicazioni di radio e televisione. Il voltafaccia di CGIL-CISL-UIL del trasporto urbano, che nella tarda serata del 10 marzo avevano annullato lo sciopero non è servito a fermare la protesta, perché la maggior parte dei lavoratori aderenti a quelle organizzazioni sindacali ha comunque partecipato allo sciopero generale proclamato da USB, bloccando i mezzi pubblici in tutta la città, anche per testimoniare il risentimento per le assunzioni pilotate nelle aziende municipalizzate di Roma, la cosiddetta “parentopoli” alla quale CGIL-CISL-UIL non sono certo estranee.
“Uniamo le lotte. Mettiamoli in crisi”, questo lo striscione d’apertura della manifestazione nazionale, alla quale hanno partecipato delegazioni di lavoratori dipendenti dei diversi settori del pubblico impiego e del privato provenienti da tutti i territori, insieme ai precari, ai migranti, ai senza reddito, ai cittadini che lottano per il diritto all’abitare. Un movimento sindacale meticcio, come è stato descritto, che mette in connessione le diverse esperienze di antagonismo e di lotta.
“Pubblico Impiego incazzato” c’era scritto sullo striscione in testa al grande spezzone di corteo dei lavoratori pubblici, dove erano rappresentati i settori della sanità, della ricerca, degli enti locali, dei ministeri, dell’università, degli enti previdenziali, delle agenzie fiscali, della presidenza del consiglio dei ministri. Assente giustificato il settore della scuola, al quale la Legge 146/1990 ha impedito di scioperare. La struttura USB dell’INPS, presente con una numerosa delegazione, ha portato in piazza lo striscione e le magliette con la scritta “Difendiamo l’INPS”, in continuità con il movimento di protesta sviluppato nell’ente previdenziale nell’autunno scorso, oltre ad uno striscione con scritto “Date i soldi alle escort ma li negate agli invalidi civili. Vergogna”, per richiamare l’attenzione sulla politica del governo che non si limita a colpire giustamente gli abusi, ma applica un eccessivo rigore proprio alla parte di cittadini meno fortunati.
In quanti eravamo? Cinquantamila quelli dichiarati dal palco, venticinquemila il dato riportato da qualche quotidiano. Ma sbagliamo se ci fermiamo alle aride cifre. L’importante non è quanti eravamo ma che c’eravamo, con la nostra rabbia, con le nostre proposte, per parlare al Paese e dire che non accettiamo che siano cancellati con un colpo di spugna diritti fondamentali conquistati con le lotte, i sacrifici e il sangue, che non permetteremo che si faccia a pezzi lo stato sociale, mettendo la pubblica amministrazione al servizio degli interessi delle imprese, chiudendo gli ospedali, favorendo la scuola privata e foraggiando i fondi pensione con il tfr dei lavoratori. Anche “Il Manifesto”, quotidiano della sinistra che non ci guarda certo con occhi benevoli, è stato costretto ad ammettere, in un articolo pubblicato il 12 marzo, che in questo Paese “… c’è in campo un soggetto sindacale che non è stato azzerato nemmeno dopo 18 anni di “concertazione”…”.
Più di 1 milione le adesioni allo sciopero dichiarate dalla USB a fine mattinata. All’INPS, alle 14,00 dell’11 marzo, risultava un dato parziale di adesioni pari al 10% dei presenti (8% se calcolato sulla forza). Appena in possesso del dato definitivo lo comunicheremo a tutti i lavoratori. Ringraziamo chi ha scioperato, mettendoci faccia e portafoglio, ancora di più quelli che oltre a scioperare si sono sobbarcati il disagio e la fatica di venire a manifestare a Roma. A quelli che storcono sempre il naso, nascondendosi magari dietro la mancanza di unità sindacale o dietro i numeri per trovare una “nobile” giustificazione alla scelta di chiamarsi fuori, diciamo che la responsabilità di schierarsi da una parte o dall’altra è individuale e non può essere scaricata su altri e che sono sempre state le minoranze a fare la storia, non certo le maggioranze silenziose, che hanno poi beneficiato dei risultati conquistati da chi ha lottato. Lo sciopero generale e generalizzato dell’11 marzo non aveva la pretesa di ottenere le dimissioni di Berlusconi o almeno quelle di Brunetta, ma di porsi come passaggio necessario all’interno di un percorso di lotte lungo e articolato, che proseguirà nelle prossime settimane con altre iniziative territoriali e dentro i posti di lavoro, per costruire le condizioni che portino a risultati concreti.
Per quanto riguarda l’unità sindacale, non ci stancheremo mai di ripetere che la vera unità sindacale è quella costruita dal basso, dai lavoratori che aderiscono ad un progetto o a una proposta sindacale. La sommatoria di sigle sindacali profondamente diverse tra loro non solo non è possibile ma nemmeno ci interessa. Tra la USB (RdB) e i sindacati concertativi c’è una profonda differenza su temi fondamentali come: le pensioni, il lavoro, la democrazia sindacale. Non continuate a chiederci scioperi unitari, perché noi siamo per il rilancio della previdenza pubblica e contro i fondi pensione privati, mentre CGIL-CISL-UIL gestiscono direttamente tali fondi che sottraggono il tfr ai lavoratori. Noi siamo per l’abolizione del precariato, mentre CGIL-CISL-UIL gestiscono le agenzie di lavoro e sono favorevoli al lavoro flessibile purché siano riconosciuti ai lavoratori alcuni diritti. Noi siamo per l’elezione diretta di rappresentanti dei lavoratori (RSU) in tutti i livelli di contrattazione (locale, regionale e nazionale), mentre CGIL-CISL-UIL non solo sono contrari a tale proposta, ma nel privato si spartiscono d’ufficio 1/3 dei delegati RSU e solo i restanti 2/3 sono assegnati secondo la volontà espressa dai lavoratori. Nel pubblico impiego CGIL-CISL-UIL si sono sempre rifiutate di cancellare dai contratti l’odiosa norma che obbliga l’organizzazione sindacale a firmare il contratto nazionale di lavoro per poter partecipare alla contrazione integrativa di ente, indipendentemente dalla rappresentatività ottenuta con la sommatoria di iscrizioni e voti ottenuti alle elezioni RSU.
La USB è alternativa al sindacato concertativo, come lo è sempre stata la RdB. Sulle questioni interne che riguardano i lavoratori dell’INPS e il futuro dell’ente, abbiamo fatto e stiamo facendo lo sforzo di cercare il massimo dell’unità possibile, ma è un’unità su temi concreti, mantenendo in ogni caso la nostra indipendenza e diversità.
Nonostante 18 anni di concertazione, il movimento sindacale di base continua a crescere e indica la strada del conflitto per sconfiggere l’attacco spietato che governo e padroni, con l’assenso dei sindacati complici, stanno sferrando contro i lavoratori dipendenti, i migranti, i senza reddito e i senza casa.
COSTRUIAMO INSIEME UN FORTE MOVIMENTO SINDACALE GENERALE, PER COSTRUIRE INSIEME UN FUTURO MIGLIORE.
Tutte le immagini, i video e le interviste dello sciopero
si trovano sul sito www.usb.it
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