Evidentemente il fatto che, sia pure a fatica e con i doverosi “distinguo”, ovunque nel Lazio le RSU stanno acquisendo una maggiore autonomia ed indipendenza, dà oggettivamente fastidio a chi ha trasformato negli anni l’attività sindacale in uno squallido mercato di volgari interessi di parte. Perché sente che gli sta scivolando di mano il potere e questo proprio non riesce a sopportarlo.
Saltando a piè pari la guerra intestina scatenata presso l’avamposto abbandonato di Tivoli (dove i dipendenti si sono fortunatamente rimboccati le maniche e fanno tutto da soli in completa autogestione), un’altra avvisaglia di questa insofferenza è stata registrata in occasione del tavolo regionale circa due mesi or sono quando l’intervento puntuale e determinato degli RLS di Montesacro, presenti nella nostra delegazione, fu mal digerito al punto tale che più di qualcuno cercò di bypassarlo.
Un intervento rivelatosi non solo essenziale per comprendere fino in fondo l’entità dei problemi che attanagliano ormai da quattro anni l’immobile di via Spegazzini, ma anche risolutore per la precisione delle risposte fornite dal direttore regionale, del tutto diverse da quelle che erano state rifilate ai colleghi per “tranquillizzarli”. Ma non basta.
Accecata sulla via di Damasco e ritenendosi dunque depositaria di verità assolute la UILPA Lazio spiega, bontà sua, al volgo come sono andate veramente le cose a Civitavecchia in merito alla proposta di chiusura dell’agenda appuntamenti che la RSU porta legittimamente avanti in base ad istanze concrete e non demagogiche, mentre trapela tutto il fastidio verso chi osa addirittura pensarla in maniera diversa. Francamente ridicolo, se non fosse aberrante, il pretesto addotto con supponenza arrogante e senza rispetto alcuno delle RSU per difendere lo status quo. Espresso peraltro ancor prima che l’amministrazione intervenga: “Questo non si può fare”. Si è visto.
Nonostante le notevoli difficoltà e i palesi ritardi circa un accordo che dovrebbe in teoria andare dal 30 giugno al 1° settembre e ancora in discussione a fine luglio, finisce invece che “SI PUO’ FARE” proprio come le RSU hanno ovunque richiesto e la UILPA Lazio inesorabilmente nell’angolo a chiedersi: “Come si sono permessi?”.
Gli accordi firmati dapprima a Montesacro e poi all’Amba Aradam lo testimoniano del resto in maniera inequivocabile.
Che poi alcune RSU abbiano addirittura osato chiedere, in occasione del blackout del 20 luglio scorso, la chiusura immediata degli sportelli per ragionevoli motivi di sicurezza, è parso una tale bestemmia a chi non aveva e non ha avuto il coraggio di proferire alcunché sull’argomento, da meritare ridicoli e improvvisati anatemi. Peraltro con giustificazioni farsesche: come si fa ad interrompere un servizio che, in realtà, non è mai iniziato resta francamente un mistero.
Basterebbe consultare soltanto un dizionario della lingua italiana. Ma forse noi stiamo chiedendo troppo.
L’ultima perla (si fa per dire) viene ancora inanellata dalla UILPA Lazio, che ormai da tempo ha deciso di accreditarsi il merito di qualunque cosa positiva succeda in regione, come ad esempio il fatto che ai lavoratori del Casilino è stato finalmente riconosciuto il 95% dell’incentivo speciale 2016. Si badi bene, dunque NON tutto.
Tra l’altro, senza neppure comprendere che gli obiettivi dei colleghi sono ben altri e non si riducono certo all’aggiustamento, più o meno compiacente, di un qualche parametro da parte dei soloni in DG, che magari dopo bisognerà pure ringraziare.
Un comportamento semplicemente vergognoso, tipico di chi si guarda bene da un combattimento concreto e trasparente contro chi sta portando l’INPS al collasso, pronto però a mettere di volta in volta il cappello sui risultati raggiunti dalle RSU. Purtroppo ancora oggi ammanicata con dirigenti e pseudo tali, consolidata da una triste pletora di titolari di posizione organizzativa giunti a ricoprire l’incarico senza merito, salvando la pace di una sparuta minoranza, in un periodo particolarmente infelice nella vita dell’Istituto.
Un periodo che ha prodotto distacco e disaffezioni, mortificando professionalità di spessore e dilaniando il tessuto connettivo dell’Istituto, con gli incarichi assegnati sistematicamente grazie a giravolte improvvise o ad una doppia tessera in tasca.
Un male che ha radici antiche, tanto per rammentarlo, grondante di complicità ed intriso di clientele. I risultati di questo collaborazionismo abnorme messo in piedi dalla UILPA Lazio, per avvantaggiare qualcuno a danno di tutti gli altri, sono oggi sotto gli occhi di tutti e risalgono all’epoca della tristemente nota grande bellezza.
Una devastazione senza pari, che la nostra regione ha purtroppo ereditato e dalla quale ora è necessario senza tema e senza indugio disfarsi in maniera definitiva. Perché ciò che le RSU hanno finalmente compreso è che bisogna camminare sulle proprie gambe, magari (e non è detto) sbagliando, ma scevre dalla maleodorante connivenza con chi ha fatto del potere e dell’asservimento altrui le ragioni di vita.