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Lazio

DALLA SEDE VIRTUALE AD UNO SMANTELLAMENTO REALE

Roma,

Comunicato n. 19/17

Adesso non ci sono più alibi: con la presentazione ufficiale ai primi di agosto del nuovo “modello di presidio territoriale ad operatività differenziata” i soloni in DG sanciscono a partire dal prossimo anno il ritiro graduale dal territorio del nostro Istituto, furbescamente ammantato da una coltre di paroloni utili aicomuni beoti.

Si va infatti dalla proposta di evoluzione alla necessaria proattività, passando dai Punti cliente (con le maggiori prospettive di sviluppo) ai Punti INPS, ipotizzando finanche improbabili sistemi di automazione robotizzati da intelligenza artificiale.

Di fatto, sono stati individuati senza troppi fronzoli i parametri di riferimento per stabilire il costo prioritario ed il valore ausiliario della prossimità ai cittadini utenti quali la popolazione ivi residente (almeno 60.000 abitanti) e il personale in forza (almeno 10 unità effettive), mentre l’individuazione del terzo criterio ovvero una percentuale di super copertura non meglio definita e dunque opinabile tratteggia la vera e propria genialata per poter chiudere le agenzie e ritirarsi dal territorio, essendo sufficienti due parametri su tre. Bisogna dire che quando ci si mettono...

Velo compassionevole da stendere su tutta la vasta gamma di servizi, più o meno standard, che andrebbero a saltare con le conseguenze facilmente immaginabili. La chicca è infine rappresentata dall’allegato uno, in cui si blatera di applicazione corretta e aggiornata delle procedure aziendali valida su tre livelli di competenza.

Ci fermiamo un attimo per tirare il fiato. Poi viene da pensare.

Dopo aver esternalizzato tutto quello che era possibile esternalizzare, dopo aver trascurato una sana politica di turn over che guardasse realmente al futuro, dopo aver sperimentato tutto ciò che era possibile collaudare a mo’ di cavia sul tessuto connettivo dell’Istituto, ebbene l’amministrazione centrale or non trova di meglio che affidarsi al mondo virtuale allontanandosi ancora dalla realtà del territorio e spacciando per giunta questa operazione come un’autentica innovazione. Pietà!!!

Mentre i soliti noti com’è loro costume ne approfittano (leggi la UILPA Lazio) per centrare il cuore del problema e chiedere nuovi team da aggiungere agli appena cinque previsti in DG, a fronte dei sedici fallimentari delle ex funzioni specifiche (con i classici comportamenti da spin doctor per edulcorare il messaggio e manipolare le opinioni), i comuni mortali continuano a buttare il sangue negli avamposti ai confini dell’ex impero. Ma nel contempo si chiedono di quale misteriosa realtà essi fanno parte, visto che a nessuno interessa la loro sorte.

Perché in tutti questi anni non è soltanto aumentata a dismisura la distanza tra quello che resta dell’INPS ed i cittadini, ma c’è sempre stato qualcuno che, nella presunzione di risolvere i problemi o peggio con interessi ben precisi, in realtà li ha complicati dall’interno (Mastrapasqua) o ne ha creati degli altri (come Boeri).

E ritornano di colpo alla mente le battaglie condotte in beata solitudine dall’allora Rappresentanza di Base per denunciare la progressiva privatizzazione del nostro Istituto con la scusa di una indispensabile innovazione (vedi doc. Lazio 24/2010).

Sono trascorsi sette anni ed ora improvvisamente i vertici, senza peraltro avere imparato la lezione, si dicono pronti a fare macchina indietro e re-interna-lizzare.

Adesso che è troppo tardi, considerati l’età anagrafica e il numero dei dipendenti. Un capitolo a parte merita infine la formazione questa sconosciuta (non parliamo infatti di semplice affiancamento) perché gli esperti di materia sono ormai andati in pensione o stanno per andarci e dunque resta una chimera.

Pur senza voler considerare i carichi di lavoro sempre più esorbitanti per i colleghi superstiti (dei quali prima o poi l’amministrazione dovrà renderci conto) e proprio per andare incontro a quelle che sono le reali esigenze dell’utenza non resta altro da fare, oggi come oggi, che affidarsi alla fantasia e al senso di responsabilità di quella parte del personale non dipendente mentalmente, che ogni giorno compie il proprio dovere facendosi carico di tutto quanto accade senza perdersi d’animo.

In questo senso i colleghi del Casilino (che hanno rifiutato in toto un meccanismo perverso) e quelli di Tivoli (da sei mesi in completa autogestione) rappresentano, pur osteggiati e tra mille oggettive difficoltà, l’unica vera chance che ha l’Istituto di sopravvivere in maniera più che decorosa senza dover corrispondere superflue retribuzioni ai dirigenti.

Perché adesso non si tratta più di voltare pagina con l’ennesima sperimentazione di facciata, per giunta virtuale in attesa del tracollo finale. E’ arrivato il momento di cambiare libro.