Rivedi l'incontro sul nostro canale Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=nUXOLRj2Sj4
La produzione totale stimata per quest’anno si ferma a 300mila veicoli. Una cifra ridicola, che riporta il nostro paese ai livelli del lontano 1957. In quel periodo così lontano vedeva la luce la Fiat “500” simbolo del rilancio, del boom economico che sarebbe avvenuto da lì a poco: un periodo decisamente diverso rispetto quello che i lavoratori e le lavoratrici di questo paese vivono oggi.
Gli stabilimenti fermi, che lavorano perlopiù a singhiozzo con operaie e operai impegnati pochi giorni al mese ciascuno, sono il simbolo di una crisi drammatica: riguarda Stellantis ma sta colpendo anche tutto l’indotto della componentistica e dei servizi collegati.
Un crollo produttivo pari al 40%, che oggi mette in discussione decine di migliaia di posti di lavoro. Da Mirafiori a Melfi, passando per Pomigliano, Termoli e Atessa.
Oggi, gli stessi sindacati che hanno abdicato alla politica fallimentare degli Elkann, che hanno accompagnato il modello “Marchionne”, proclamano uniti uno sciopero generale del settore.
Dopo aver accompagnato per 15 anni i padroni dell’auto italiana, oggi devono spiegare ai lavoratori che è arrivato il momento di rialzare la testa. Hanno favorito regole sulla rappresentanza barbariche, costretto i lavoratori a contratti con i minimi salariali più bassi del contratto nazionale, turni di lavoro massacranti e una deregolamentazione totale sui diritti. Dal piano Fabbrica Italia, fino alla fusione tra FCA e PSA per dare vita Stellantis hanno condiviso il modello delle “fabbriche cacciavite”, a basso valore aggiunto: al posto di investimenti per ricerca, tecnologie e aumento delle competenze doveva esserci solo il massacro dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori per aumentare produttività e fare efficienza.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti.
La transizione verso l’elettrico sembra un obiettivo quasi irrealistico: politiche industriali nazionali solo abbozzate o assenti, piano energetico e infrastrutturale solo annunciato ma mai realizzato.
Per decenni i vari governi hanno assecondato ogni decisione aziendale, erogando miliardi di denaro pubblico in favore di incentivi e piani industriali che hanno portato l’industria italiana verso il baratro. Questo Governo non è da meno: assiste impotente al realizzarsi di una serie di record negativi che oggi mettono immediatamente a rischio 70.000 posti di lavoro. Non è affatto un caso che si scelga oggi di concentrare l'attenzione su interventi legislativi come il Ddl 1660: ci si prepara a colpire gli spazi democratici di chi il proprio posto di lavoro dovrà difenderlo protestando.
La crisi dell’auto non è domani: è ora, e bisogna intervenire subito. USB rivendica da tempo la necessità di un intervento pubblico nell’economia, in particolare in questo settore. La transizione energetica ed ecologica, assieme a quella digitale, possono essere affrontate solo con interventi legislativi mirati, la garanzia di investimenti e la definizione di ammortizzatori sociali speciali per la transizione, che garantiscano l’integrazione dei salari al 100%.
Parleremo sabato 12 ottobre di questo e non solo, chiamando la politica ad ascoltare le nostre analisi, le critiche e le nostre richieste. Lo faremo da Termoli, che abbiamo scelto come luogo simbolo della drammatizzazione in atto sul settore: la fabbrica molisana, ridotta oramai all’osso nelle produzioni e che attende penosamente risposte sulla realizzazione della Gigafactory, è per noi il punto di partenza di questa importantissima discussione.
Sabato 12 ottobre, ore 10:00, Termoli (CB), via Argentina 4, Sala parrocchiale del Sacro Cuore
All’incontro parteciperanno:
- Sasha Colautti, USB Nazionale Industria
- On. Daniela Tporta, Demutata Movimento 5 Stelle
- Giorgio Cremaschi, sindacalista
- Roberto Gravina, consigliere regionale Movimento 5 Stelle
- Massimo Romano, Consigliere regionale Molise Costruire Democrazia
- Giuliano Granato, Potere al Popolo
- Dirigenti nazionali e terrioriali USB
USB Industria