Non ci sono fotografie dell’orditoio che ha maciullato il corpo di Luana D’Orazio 22 anni, inghiottita dal rullo del macchinario a cui lavorava in un’azienda tessile italiana di Prato. Ci sono le sue di fotografie, una ragazza sorridente con una figlia di 5 anni appena. Chissà che macchinario era quello che l’ha uccisa, chissà se era a norma, se rispettava tutte le previsioni in tema di sicurezza, se Luana era stata addestrata e formata su quel macchinario, se le era stato fatto un corso per conoscere i rischi e se le erano stati forniti i dispositivi di protezione.
Come sempre in questi casi, spetterà alla magistratura capire come sono andati i fatti e forse, chissà quando, emergeranno delle responsabilità che porteranno all’incriminazione per omicidio colposo della proprietaria dell’impresa. Omicidio colposo, questo è il reato che viene contestato agli assassini, a quelli che per aumentare i propri profitti e gli utili di impresa risparmiano sui dispositivi di sicurezza, sul rinnovamento degli impianti, sulla formazione dei propri dipendenti.
A sostenere la “colposità” dell’omicidio i media che continuano a derubricare a incidente sul lavoro quello che è invece un vero e proprio omicidio sul lavoro, che però non è contemplato come reato nel nostro ordinamento giuridico. Lo Stato italiano si è premurato, e bene ha fatto, di introdurre il reato di omicidio stradale ma non discute le proposte di legge, che pure ci sono in Parlamento, per introdurre una analoga misura per gli omicidi che avvengono quotidianamente sui luoghi di lavoro.
La contabilità è terribile, l’Inail certifica un aumento continuo degli incidenti e delle morti sui luoghi di lavoro, ma l’unico effettivo ruolo che gli è consentito svolgere è quello di ripagare le lesioni o le morti con un po’ di denari e di fare sconti sui premi assicurativi alle aziende che si mettono in regola sulla tutela della sicurezza delle maestranze nei propri impianti. Insomma, vengono finanziate quelle aziende che fanno quello che la legge impone e che spetta loro di fare!
È del tutto inutile e anche frustrante vedere il 1° Maggio le maggiori autorità del Paese deporre fiori ai monumenti ai caduti sul lavoro, se a questo non si accompagna una risoluta determinazione ad agire con misure severe, certe, che scoraggino chi pensa di farla franca o di essere tuttalpiù incriminato per omicidio colposo e quindi di rischiare davvero poco a fronte della vita dei propri dipendenti.
Presidente Mattarella non ci siamo, basta piangere i nostri morti. È ora che si intervenga e si intervenga subito per fermare la strage perpetrata in nome del profitto sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori.
USB – Rete Iside
4-5-2021