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FISCO, EVASIONE DI STATO

Nazionale,

Comunicato n. 21/11

 

Basta con l’oppressione fiscale sulle imprese. A sostenerlo non è un imprenditore qualsiasi ma il ministro dell’Economia e delle finanze che, nell’audizione di ieri in Commissione al Senato, ha parlato della necessità di evitare eccessivi e continui controlli attraverso un coordinamento dall’alto o direttamente dal basso, con il diritto degli imprenditori a dire: non mi rompere più di tanto.

 

Immaginiamo il pensiero dei lavoratori dipendenti, che le tasse le pagano alla fonte, direttamente sullo stipendio, o quello degli imprenditori onesti, che versano il dovuto all’erario. Non è la prima volta che membri autorevoli del governo incitino, di fatto, all’evasione fiscale. Nel momento in cui l’Europa richiama i governi  nazionali ad arrivare al pareggio di bilancio tra entrate ed uscite entro il 2014, che per l’Italia significa attuare manovre da cinquanta miliardi di euro, il ministro dell’economia non trova di meglio che rassicurare gli imprenditori sul fatto che non saranno loro a pagare quest’ulteriore tributo alla crisi.

 

E’ verso il pubblico impiego che il governo punterà ancora una volta per ottenere risorse certe per il risanamento del bilancio. Se queste sono le premesse, è assai probabile che l’esecutivo proverà ad unificare i controlli realizzando quel corpo unico della Vigilanza che abbiamo indicato, anche nelle recenti iniziative all’INPS,  rappresentare un pericolo per la tutela dei lavoratori ed una minaccia per l’autonomia dell’azione di Vigilanza.

 

E’ necessario lanciare una mobilitazione generale, che esca da una logica corporativa ed assuma la vertenza sull’attività di Vigilanza come riferimento di tutti per la difesa dei diritti dei lavoratori dipendenti, spesso costretti a lavorare in nero o, bene che vada, con contratti di lavoro precario. Nelle prossime settimane raccoglieremo le firme sulla Proposta di Legge di iniziativa popolare presentata dall’USB per un fisco più equo per i lavoratori dipendenti, del pubblico impiego e del privato.

 

Mobilitiamoci tutti e facciamo sentire la nostra indignazione, perché non si può restare ancora alla finestra in un Paese in cui si vuole fare a pezzi la Costituzione, deregolamentare i contratti nazionali di lavoro, toccare i diritti fondamentali dei cittadini.