L’intero processo di riorganizzazione e integrazione, che si sta concretizzando in questi ultimi giorni e procederà nei prossimi mesi, offre l’opportunità per l’approvazione e l’emanazione di nuovi bandi per l’individuazione dei responsabili di posizione organizzativa.
L’occasione è ghiotta e i nuovi criteri appena sottoscritti da CGIL, CISL e UIL non hanno fatto altro che confermare una prassi che è sotto gli occhi di tutti.
Il colloquio ancorché a “porte aperte” è ancora il vero e unico strumento di selezione e tutti, ma proprio tutti (compresi i firmatari dell’accordo), sanno quanto sia discrezionale un tale sistema.
Di fatto, sempre più spesso stiamo ricevendo segnalazioni e comunicazioni che raccontano di selezioni condotte con tanta capacità da determinare esiti già scontati, che fanno indignare sempre di più chi assiste sconcertato.
Riportiamo di seguito uno stralcio di un comunicato arrivatoci oggi su quanto accaduto nella sede di Brescia, ma che non fa altro che confermare una prassi ormai diffusa e consolidata ovunque.
“(..) alla collega già titolare di posizione, e solo a lei, che all’inizio del colloquio si è sentita chiedere se fosse consapevole che, nell’eventualità non avesse superato la selezione, avrebbe perso anche l’incarico conferitole con precedente selezione e già proficuamente ricoperto da anni.
La collega, al secondo “ci pensi bene”, dignitosamente ha risposto “ho pensato di mettermi in gioco”.
In realtà è chiaro che un simile atteggiamento di fatto innervosisce ancor di più chi si sottopone a prova selettiva. O forse si voleva incoraggiare la stessa a rinunciare?
Il resto del colloquio ha confermato quello che da sempre andiamo dicendo a proposito delle prove farsa per l’assegnazione di posizioni. Il metodo che l’amministrazione continua ad adottare non è per niente trasparente, nè selettivo. E’ vero che le domande vengono estratte casualmente dal computer, ma poi se è stato deciso che un concorrente non deve risultare idoneo, basta insistere con le domande di specifica poste dal selezionatore, sull’argomento “casualmente estratto” (in questo caso il più insistente nel porre domande di specifica è stato lo stesso direttore di Brescia, rendendo vana la neutralità ambientale. Tanto valeva selezionare a Brescia). Alla fine il punto debole si trova (la domanda delle cinque pistole, l’ha definita qualcuno) e il “non desiderato” cade...
Nel caso specifico i selezionatori hanno deciso che la collega è caduta “da farsi male” e hanno convenuto di non andare oltre la prima domanda, chiudendo il colloquio.
Del resto l’avevano avvisata...
Ma nella valutazione, non avrebbero dovuto tener conto anche del percorso professionale?
Ripetiamo questo modo di assegnare le Posizioni Organizzative è una farsa che serve solo a legittimare le decisioni prese a priori dalla direzione.”
Immaginiamo che dopo queste poche righe si scatenerà subito un grande parapiglia, con l’indignato di turno che affermerà di essersi meritato la posizione per le sue capacità e non certo per gentile intercessione.
Si scateneranno le altre OO.SS. dichiarandosi indignate ed offese.
Siccome lo sappiamo, rispondiamo subito che c’è uno strumento che risolverebbe la questione all’origine, ed è quello di stracciare l’accordo appena sottoscritto sui criteri per il conferimento delle posizioni organizzative introducendo una buona volta, al posto di un colloquio ad elevato rischio di parzialità, un sistema fondato su prove di selezione come quelle previste per i passaggi di livello, con regole certe e trasparenti.
Tutti sarebbero così più sicuri e certi che il merito e la conoscenza potranno prevalere sulle clientele, ponendo fine alle grandi abbuffate.