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Editoriali // Contratti // Pubblico impiego

La posta in gioco della democrazia sindacale: salario e diritti

Roma,

La chiusura del CCNL delle Funzioni Centrali firmato da Organizzazioni Sindacali che rappresentano appena il 53% sta producendo, come effetto neanche troppo collaterale, l’esclusione tout court dei sindacati non firmatari, USB PI, CGIL FP, UILPA, dal sistema di relazioni sindacali delle amministrazioni, sulla scorta dell’art.7 dello stesso contratto. Una previsione normativa inserita da ARAN in tutti i contratti, sostenuta in questi giorni con determinazione militare da ARAN e firmatari.

La questione non è nuova, si propose già nel 2018 quando USB PI non firmò, in splendida solitudine, un CCNL che non recuperava quanto perso con il blocco dei contratti dal 2009 al 2015. Il dazio da pagare fu quello di rimanere fuori dai tavoli per due anni. La firma, intervenuta nel 2020 in piena pandemia, fu apposta esclusivamente per poter partecipare ai tavoli che trattavano la sicurezza dei lavoratori. Ovviamente, già allora ponemmo, sempre in splendida solitudine, la questione democratica che si apriva rispetto alla chiara limitazione della libertà sindacale attraverso una norma di penalizzazione del dissenso.

Oggi, che ad essere escluse sono tre organizzazioni sindacali che rappresentano poco meno del 50% del comparto e in alcuni enti sono anche maggioranza, si rende forse più evidente a tutti ciò che per noi lo è sempre stato: esiste una questione democratica nel sistema contrattuale del Pubblico Impiego.

L’esclusione da tutti gli istituti contrattuali di secondo livello per chi dissente non è affatto imposta dal D.lgs. 165/01 che da un lato individua le RSU come titolari della contrattazione di secondo livello, dall’altro affida ai CCNL la scelta di andare a definire i soggetti abilitati a sedersi ai tavoli decentrati. Peraltro, accade che nelle Funzioni Centrali, così come in altre amministrazioni plurisede, le RSU vengano escluse dalla contrattazione integrativa nazionale e quindi private della titolarità che gli attribuisce il D.Lgs.165/2001.

A fronte di ciò, appare evidente che l’espulsione dei non firmatari è, né più e né meno, una norma a salvaguardia di un sistema contrattuale pensato in funzione della politica dei redditi, quindi del contenimento del costo del lavoro, e basato sulla concertazione. Oggi quel sistema è in crisi perché le condizioni economiche, politiche e sociali hanno prodotto contraddizioni talmente forti da far saltare quell’unità sindacale garanzia del sistema concertativo. 

Date la situazione internazionale e le scelte economiche del Governo Meloni come condizioni costanti per il medio periodo e considerando che si è già entrati nel nuovo triennio contrattuale 2025-2027, quella che può sembrare una discussione per addetti ai lavori, in realtà è l’elemento sul quale i lavoratori e le lavoratrici si giocano la possibilità di difendersi e contrattaccare rispetto all’ennesima aggressione alle loro condizioni materiali.

A riprova di ciò, vale la pena registrare quanto sta accadendo nel settore Sanità, dove, al contrario delle FFCC, la maggioranza delle OOSS non ha firmato il rinnovo e alcune regioni, Lazio in testa, stanno bloccando l’erogazione dell’indennità di Pronto Soccorso, le cui risorse sono già state stanziate in legge di bilancio, facendo un grave danno a lavoratori e lavoratrici e prefigurando un comportamento anti sindacale. In ogni caso, anche in questa situazione il modello contrattuale viene usato come una clava nei confronti di quelle organizzazioni sindacali che hanno osato dissentire dai contenuti di un CCNL che sancisce una diminuzione dei salari reali.

Quindi, poiché il punto è se le rappresentanze dei lavoratori e delle lavoratrici sono messe nella condizione di svolgere liberamente e senza penalizzazioni la propria funzione di difesa dei loro interessi, non è per nulla esagerato descrivere la situazione attuale come emergenza democratica tanto più in un contesto in cui assistiamo alla drammatizzazione della questione salariale. È evidente che il Pubblico Impiego diventa la prima linea dove si sta giocando la partita della questione salariale e dove si sta sperimentando quello che non abbiamo remore a definire il moderno fascismo sindacale.