Lo dicono gli analisti, lo denuncia lo stesso governatore della Banca d'Italia: siamo un Paese che penalizza i giovani. Su di loro scarichiamo il maggior peso della crisi, costringendoli a una dipendenza dalle famiglie. Sono i giovani la risorsa più importante del futuro ma vengono abbandonati e spinti alla deriva.
I vincoli di questa economia di mercato e lo strumento dell’indebitamento degli stati, vengono utilizzati per cancellare i diritti residui ed abbattere ancora il costo del lavoro. Questo meccanismo produce enormi ricchezze per pochissimi e condanna interi paesi alla povertà, la speculazione finanziaria, le privatizzazioni, la distruzione della democrazia, la distruzione delle politiche pubbliche non fanno altro che creare precarietà e disoccupazione.
Investire nel capitale umano, in un sistema formativo moderno e inclusivo, cogliere la sfida della società della conoscenza: sarebbero le prime cose da fare per lo sviluppo del Paese, ma questo governo e il ministro Gelmini per loro scelta o incapacità e per esigenze di bilancio imposte dalla BCE hanno ridotto la scuola in condizioni penose sia nelle strutture che cadono a pezzi sia nella didattica e formazione in genere, non hanno messo un soldo per rinnovarla mentre si trovano i finanziamenti per la scuola privata.
Il deserto formativo avanza a tal punto che alla fine del percorso scolastico ed universitario anche il lavoro precario sta diventando un miraggio, tanto è che la disoccupazione giovanile in Italia è pari al 30% ed in Sardegna supera il 40%.
Noi diciamo che prima di salvare le banche bisogna salvare la Scuola Pubblica
La Banca Centrale Europea sta concertando con tutti gli stati membri l’imposizione di politiche di austerità per garantire gli equilibri favorevoli alle economie più forti (Germania e Francia in testa). La BCE, così come la Banca d’Italia, non hanno quasi nulla di pubblico ma sono controllate dai CdA dei maggiori istituti privati di cui curano gli esclusivi interessi. Le manovre economiche italiane sono fatte esclusivamente di tagli e non prevede un euro per lo sviluppo.
Oggi a Oristano come a Roma non protestiamo solo per mandare a casa Berlusconi, cosa chiaramente oggi più necessaria che mai, ma per battere il berlusconismo che impera nel nostro paese e che non riguarda soltanto il centro-destra. Questa è una protesta popolare anche contro il governo delle banche e delle finanze europee è contro questo governo, contro qualsiasi governo, politico, tecnico o di transizione che sia, che voglia imporre le stesse medicine che stanno avvelenando l'Italia come l'intera Europa.
Questo 15 ottobre non dovrà rappresentare il punto di arrivo e la fine della mobilitazione, ma un passaggio attraverso il quale esprimere il dissenso di centinaia di migliaia se non di milioni di persone per le strade di Oristano, di Roma e tutte le altre città e piazze del mondo, per ripartire poi con nuove mobilitazioni e nuovi traguardi.
Le manovre estive del governo di luglio e di settembre non saranno le uniche e nei prossimi mesi dovremo aspettarci un'ulteriore raffica di misure finalizzate a maggiori e più pesanti sacrifici, all'aumento delle tasse e all'attacco ai salari e alle pensioni, ai diritti dei lavoratori ed ai diritti civili e democratici.
Sappiamo che la politica dei partiti, anche quelli della sinistra parlamentare, viaggia in sintonia con l'Europa delle banche e della finanza e ha abbracciato acriticamente la filosofia dei sacrifici e delle privatizzazioni che stanno portando alla rovina la Grecia e distruggendo il tessuto sociale dell'intero continenti.
Dobbiamo allora alzare il tiro anche rispetto agli obiettivi, rifiutando il luogo comune del pareggio di bilancio e del pagamento di un debito che non è certo stato creato da chi lavora e rilanciando invece una proposta che preveda il non pagamento del debito, la nazionalizzazione delle banche e delle aziende strategiche per il paese, una patrimoniale che incida in modo pesante ed immediato sui grandi patrimoni, una lotta all'evasione che non sia il solito condono ma che preveda le manette per chi evade.
Dovremo quindi essere pronti a difenderci, a replicare ed attaccare, perché ad una manovra continua non può che corrispondere una mobilitazione continua.
CONTRO LE POLITICHE DI AUSTERITY DI GOVERNO E BCE
Autoconvochiamoci in comitati di lotta e coordinamenti territoriali