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"PROCESSO BREVE": ALTRA MANNAIA SULLA GIUSTIZIA!


Il Governo si è mosso per risolvere il problema della lentezza della Giustizia: cancellare i circa 8 milioni di processi civili e penali pendenti, con un colpo di spugna, attraverso il DDL 1880 meglio conosciuto come legge sul “processo breve” ieri approvato dal Senato.

 

Questa purtroppo è la soluzione scelta dall’Esecutivo, e approvata da un ramo del Parlamento. Negare ai cittadini il riconoscimento di un diritto che la Carta Costituzionale garantisce.

 

Rimane inascoltato il grido di allarme che la RdB P.I. ha lanciato in questi anni: se non si investe riqualificando il personale in servizio, se non si investe con nuove assunzioni, se non si investe in tecnologia adeguata e negli strumenti basilari, se non si investe nelle strutture edilizie si arriverà al collasso. Ed al collasso siamo arrivati.

 

Avremmo voluto che la nuova legge, oltre a porsi il problema della ragionevole durata di un processo (auspicata dai lavoratori e dai cittadini), ci avesse anche detto:

 

dove celebrare i processi, visto che mancano le aule;

 

chi verrà impiegato nella verbalizzazione durante le udienze e metterà in esecuzione le sentenze, visto che mancano i cancellieri;

 

con quali mezzi si affronterà l’emergenza, vista la mancanza di carta, penne, computer ed il “processo telematico” al momento interessa appena lo 0,04 dei procedimenti in corso (e con i tagli all’informatica la situazione è allo stallo);

 

attraverso quali strumenti arrivare alla semplificazione della “giungla” normativa vigente.

 

A queste domande la nuova norma non ha dato risposta, anzi la riforma come sempre avviene, calerà sui lavoratori giudiziari che, in perfetta solitudine, dovranno fronteggiare i nuovi processi ad “orologeria” dai tempi strettissimi e senza nessuna risorsa aggiuntiva, perché di investire nella Giustizia non se ne parla!

 

Ma come consuetudine saranno gli stessi lavoratori a dover rispondere ai cittadini quando per mancanza di mezzi, si legittimerà l’impunità dei reati e il non riconoscimento dei diritti.

 

Aggiungiamo la vergognosa contrattazione integrativa che l’Amministrazione con i sindacati compiacenti (C.I.S.L.e SAG UNSA) ha da poco concluso la quale disconosce l’impegno e dequalifica la professionalità, legittima la flessibilità delle mansioni senza alcun riconoscimento economico.

 

DICIAMO BASTA ALLE RIFORME SENZA INVESTIMENTI!

 

                DICIAMO NO AL NUOVO CONTRATTO INTEGRATIVO!

 

                  LA RdB P.I. E I LAVORATORI DELLA GIUSTIZIA

 

                            SCIOPERANO IL 5 FEBBRAIO 2010.

 

                          FACCIAMO SENTIRE LA NOSTRA VOCE!