La USB P.I. – Giustizia scrive per esprimere tutto il rammarico ed il malcontento che serpeggia tra i lavoratori della Giustizia, all’indomani e all’esito della pubblicazione delle graduatorie sulle Progressioni economiche.
Un’amarezza che parte da molto lontano e che si concretizza nella sostanza allorquando si tocca con mano, in maniera ineluttabile, la grossa ingiustizia perpetrata nei loro confronti.
Parliamo di lavoratori con 30-40 anni, ed oltre, di anzianità di servizio in questa amministrazione, e che sono rimasti al palo, come dire: “40 e non sentirli!”.
Lavoratori per i quali dal momento dell’assunzione e per lunghissimi anni non c’è stato nessun avanzamento di carriera, nessun riconoscimento economico, schiacciati verso il basso, per inerzia dell’amministrazione, a cui è preclusa anche la possibilità di ”evadere” in altre amministrazioni.
Il personale della giustizia è stato per anni: sfruttato in mansioni superiori; illuso dal miraggio di una progressione giuridica, mai arrivata; gravato, sempre più, da carichi di lavoro insostenibili a causa della cronica carenza di personale; costretto a formare il personale gravitato nell’ambito del ministero.
E’ frustrante toccare con mano, oggi, che non sono neppure idonei per un passaggio economico, in sostanza dopo averli spremuti come limoni vengono messi “da parte”.
Lavoratori che non avranno neppure la magra consolazione del salario accessorio, prosciugato negli anni e ridotto a poche umilianti briciole.
La USB, al di là delle considerazioni già fatte, intende sottolineare che la crescita curriculare non può essere confusa e paragonata ad una semplice progressione economica. In sostanza la prima dovrebbe rispondere a criteri di progressioni di carriera; la seconda è il doveroso riconoscimento per la crescita professionale frutto dell’esperienza maturata dopo anni di lavoro in quel determinato profilo.
Non a caso si parla di progressioni economiche e non di progressioni giuridiche o di carriera.
Purtroppo, a causa di una malsana applicazione nei bandi, i due concetti sono stati sovrapposti e ciò ha creato malcontento e diseguaglianza tra lavoratori che svolgono le stesse mansioni ma con anzianità di servizio diverse.
L’esperienza di lavoro maturata negli anni, è nei fatti una risorsa imprescindibile e oggettiva per il funzionamento dei servizi della giustizia.
La riprova è data dal fatto che i lavoratori, sommersi dalle riforme susseguitesi a ritmo vertiginoso negli anni, hanno dimostrato di essere al passo con i tempi nonostante l’assenza totale di formazione e molto spesso di informazione.
E questo è avvenuto a prescindere dal titolo di studio e dal profilo professionale di appartenenza.
Grazie a quei criteri (scriteriati) delle progressioni economiche molti lavoratori rischiano di rimanere nella “sacca dei dimenticati” pur avendo svolto il ruolo formativo nei confronti di tanti colleghi che li hanno superati.
Non sappiamo se questo bando è il frutto di una mediazione, tra la fretta di procedere e la necessità di accontentare i firmatari dell’accordo.
Sappiamo per certo, però, che le ingiustizie sono state tantissime tra queste spiccano in maniera lapalissiana: non avere sottratto dall’anzianità di servizio complessiva, gli anni già conteggiati nell’appartenenza all’ultimo livello economico conseguito; la penalizzazione dell’anzianità di servizio per effetto della sopravvalutazione della laurea, anche di quelle non attinenti all’attività giurisdizionale; i diplomi secondari triennali valutati alla stregua dei diplomi di scuola media inferiore.
In sostanza la professionalità acquisita in anni di servizio non è stata considerata dall’amministrazione un valore aggiunto eppure bastava trovare un giusto equilibrio tra le cose. Questo avrebbe evitato che quel personale si sentisse rottamato dall’amministrazione piuttosto che valorizzato.
La scrivente O.S. evidenzia che i prossimi bandi saranno l’occasione buona per correggere il tiro, perché proseguire su questa strada significa continuare a perpetrare ingiustizie su ingiustizie acuendo quel malessere che serpeggia in maniera incontrollabile tra i lavoratori.
Vorremmo per evitare che il prossimo passo possa essere additato come l’Istituzione delle “REGRESSIONI ECONOMICHE”.
La USB P.I. – Giustizia premesso quanto sopra chiede al Ministro un incontro per meglio illustrare la situazione in cui versano i lavoratori e per comprendere quali strategie intende adottare nei confronti di quel personale che, negli anni con senso di responsabilità ed abnegazione, nonostante tutto, ha contribuito al funzionamento del servizio giustizia.
In attesa di un sollecito riscontro si porgono cordiali saluti.