Una dura lezione inflitta all’INPS dal Tribunale Ordinario di Torino che con sentenza del 16 Febbraio smentisce con parole lapidarie e chiarissime la tesi di carta avanzata dall’Istituto a difesa dei propri errori e afferma il diritto a pensione di una dipendente che, pur avendo i requisiti a pieno titolo, non è stata inserita nella Tabella L allegata alla determina n. 299 del 24 Luglio 2014 ed infligge una dura lezione a chi con arroganza e protervia ritiene di poter decidere unilateralmente a prescindere da qualsiasi cosa.
Per la collega una meritata e agognata vittoria, per USB un risultato concreto che conferma quanto da noi palesato verbalmente e scritto in merito alle contraddizioni e agli errori dell’Amministrazione sui pensionamenti per esuberi, dove protagonista solitaria, forte del silenzio complice di sindacati compiacenti, ha negato il ruolo del Sindacato escludendolo dal confronto, la trasparenza e la pubblicità degli atti, mascherando tutta l’operazione con la privacy.
USB a suo tempo aveva chiesto un incontro al Commissario TREU per poter esporre i vari aspetti segnalati dai Lavoratori al fine di intervenire con urgenza rispetto alle determine con cui sono state individuate le posizioni eccedentarie nel confronto tra dotazione organica e consistenza del personale INPS, in attuazione di quanto previsto all’art. 2 comma 11 del decreto legge n. 95 del 2012 convertito in L. 135 del 2012 ma l’Amministrazione anziché tener conto delle raccomandazioni del Ministero del Lavoro e delle segnalazioni di indebite esclusioni ha preferito costringere i dipendenti ad azioni legali, ponendosi in una situazione di soccombenza certa, difficilmente sostenibile anche rispetto ad eventuali rilievi della Corte dei Conti.
Il caso di Torino ne è l’esempio eclatante: la dipendente non ricevendo alcuna comunicazione dall’Amministrazione chiede l’accesso agli atti ( in prima istanza negato poiché non formulato secondo la modulistica e non trasmesso telematicamente ) per poter controllare l’elenco del personale in esubero. Avuta conferma non solo di non essere in graduatoria tra i primi 783 ma di non comparire per niente nell’elenco globale, faceva le proprie rimostranze, senza alcun esito, sia in Sede che in Direzione Generale e si vedeva quindi costretta ad intraprendere le vie legali con un ricorso d’urgenza al Giudice del Lavoro.
Cinque udienze a dir poco mortificanti per un Lavoratore che per far valere un diritto negato si ritrova ad avere di fronte come contro parte un collega del settore legale che l’Istituto paga per argomentazioni quali “ la pensione non è un diritto ma un’opportunità “ , “ alla ricorrente, non mandandola in pensione, non produciamo alcun danno perché le paghiamo lo stipendio “ e ancora “ la ricorrente non è una collega è un’ex INPDAP “…..Cinque udienze in cui ha dovuto presenziare per ben due volte anche un funzionario della Direzione Generale le cui dichiarazioni non hanno lasciato dubbi in merito al fatto che la ricorrente doveva essere inserita nella graduatoria e che ciò non è avvenuto soltanto perché “ la sua manifestazione di disponibilità, pur essendo stata tempestivamente presentata all’ufficio competente, per ragioni ignote e comunque interne all’Istituto stesso, non è pervenuta in tempo utile all’ufficio che si è occupato di predisporre la graduatoria “. Cinque udienze in cui l’Istituto non avendo presupposti validi per la difesa ha posto alcune eccezioni preliminari senza alcuna attinenza al merito della causa e quindi giudicate infondate così come l’unica argomentazione svolta dall’Istituto nel costituirsi in giudizio non poteva in alcun modo minare “ la certezza del diritto della ricorrente ad essere inserita immediatamente nella graduatoria con effetto ex tunc….”.
P.Q.M……condanna l’INPS alla rifusione in favore della ricorrente delle spese di lite etc. etc.
Poiché sono soldi anche nostri, vorremmo sapere il costo complessivo della causa a cui l’Istituto non sarebbe andato incontro se solo avesse avuto l’umiltà di ascoltarci e di ammettere in tempo di aver commesso sui pensionamenti per esuberi una serie di errori sicuramente evitabili con il confronto sindacale.
Per noi comunque la sentenza non estingue la vicenda: vogliamo vederci chiaro e quindi andremo fino in fondo alla ricerca dei responsabili che l’hanno determinata magari palleggiandosi la competenza incuranti del danno che ne poteva derivare.
Indipendenza dai vertici politici e aziendali, consapevolezza dei bisogni, capacità di prestare attenzione a ciò che succede intorno, passione, volontà e tenacia sono la forza di USB, unica rappresentanza reale dei Lavoratori in questo Paese.
Invitiamo i colleghi a tenerne conto e a riflettere seriamente nei prossimi giorni, nel momento in cui, votando per le RSU 2015, sceglieranno chi li rappresenterà nei prossimi anni, in cui saranno fatte scelte importanti con ricadute sul destino di molti.