Probabilmente peggio di così questo 2011 non poteva cominciare e il panorama che si presenta nelle Sedi squassate dalla riorganizzazione è oggi quello di un dopo tsunami. Non ci si poteva del resto aspettare altro, viste la “mancanza di un piano strategico complessivo e la mancata condivisione del progetto” (Corte dei Conti, relazione al Parlamento di giovedì 11 novembre 2010), già acclarate. Ma la gestione veramente indegna dell’intera operazione nel Lazio ha raggiunto e superato picchi incredibili, a tal punto che parlare delle solite becere clientele registrate, ad esempio, nella assegnazione delle posizioni organizzative resta di certo solo un eufemismo.
E’ iniziata subito male, con la mancata pubblicazione in Hermes sia dell’elenco completo dei partecipanti per ciascun bando, che del relativo calendario orario. Addotte improponibili giustificazioni sulla tutela della privacy dei dipendenti poi subito ritrattate dopo la nostra prima diffida inoltrata per motivi di trasparenza. Lo scempio è comunque proseguito in occasione dei colloqui in sede regionale, dove personaggi tristemente noti da sempre in combutta con l’amministrazione hanno quotidianamente offerto il peggio di sé partecipando alla squallida farsa. Appollaiati come corvi per dare luogo a vere e proprie lottizzazioni, col risultato di svilire completamente la selezione, in ciò mortificando la professionalità e la preparazione di tanti colleghi. Dietro la porta senza vergogna quotidianamente.
Non male anche quanto accaduto in occasione dei colloqui svoltisi lo scorso 14 dicembre quando è stata registrata la contemporanea assenza sia del referente regionale che del suo sostituto. La determinazione n. 92 e gli articoli 4 – 5 del Bando di selezione, emanati dalla stessa direzione regionale, in proposito sono chiarissimi. In fondo basterebbe applicarli. Ed invece si va avanti come se nulla fosse. Seconda diffida seguita da una nuova tardiva determinazione, giusto per cercare di tamponare la falla. Alla faccia della trasparenza.
Quello che poi è scaturito da una simile dissennata gestione è degno purtroppo della peggiore tradizione italica: incarichi assegnati ad illustri sconosciuti senza un solo giorno di INPS sulle spalle, colleghi stranamente transitati da una sede all’altra in vista delle selezioni e miseri espedienti appositamente creati ad arte per giustificare in qualche modo a posteriori i misfatti.
Stratificazione a tappeto dal centro alla periferia nella stessa logica perversa di vassallaggio e di sudditanza che credevamo sepolta. Insomma, uno sconcio.
Esattamente 2 anni dopo l’insediamento della nuova direzione regionale in via Borsi, che pur aveva inizialmente suscitato legittime attese e parziali consensi, non possiamo ora esimerci dal chiedere: sarebbe questo il nuovo corso? E cosa ci si illude di propinare ancora ai colleghi con lo scopo di “condividere i principi e le logiche” alla base del nuovo modello organizzativo?
Lo smantellamento delle Sedi INPS procede, intanto, a tamburo battente e non riguarda più soltanto la fortunata Frosinone e la cavia Roma Centro. Stavolta si “pensa” addirittura di riuscire a distruggere in poche settimane quello che non è stato possibile fare durante 9 mesi di sofferta gestazione nelle 20 sedi pilota. Premiate quasi tutte, per inciso, con la decurtazione dell’incentivo. Nel merito, l’amministrazione ha confermato in data odierna che “senza le adeguate pezze giustificative” non è previsto ora alcun recupero. Neppure con il saldo di aprile. Con tanti ringraziamenti per l’impegno profuso da tutti nella “riorganizzazione”. Nel contempo le numerose liste di proscrizione contenenti l’allocazione o nuova allocazione del personale proliferano. Con palesi forzature, violenze e finanche aggressioni dettate dall’urgenza di rispettare comunque i tempi di realizzazione imposti dalla KPMG. Che nulla sa di servizi.
Tra l’incudine e il martello, solerti funzionari e direttori in primis sono chiamati a svolgere il loro compitino partecipando allo smantellamento e sbarazzandosi in fretta dei colleghi dissenzienti come fossero rami secchi. La soluzione finale. A loro vogliamo rammentare le imbarazzanti e risibili giustificazioni addotte al processo di Norimberga dai soldati e dagli ufficiali della Wehrmacht: “Ma noi abbiamo solo obbedito agli ordini”. Uno scaricabarile infinito.
Questo perché siamo pienamente consapevoli del fatto che, in controtendenza allo stolido sciame produttivo ed economico imperante, basato sulla stressante ricerca di una competitività esasperata che non ci porterà da nessuna parte, il futuro dello Stato Sociale e del nostro Istituto dipenderà dagli standard morali che ci porremo giorno dopo giorno. Interrogando le coscienze e non obbedendo agli ordini.
L’analisi di questo particolarissimo momento nella vita dell’Istituto non sarebbe tuttavia completa, se non mettessimo nel dovuto risalto quanto recentemente accaduto a livello nazionale e le sue inevitabili ripercussioni.
Come testimoniano in maniera inequivocabile gli ultimi 3 comunicati unitari del 2010, lo spazio vuoto lasciato tra CGIL, CISAL e USB indica una defezione. Ed infatti, con la firma apposta insieme al solito collaborazionista a prescindere sul CCNI 2010, il vecchio Pirata ha rotto l’unità sindacale faticosamente costruita nei 6 mesi precedenti e senza porsi troppi problemi ha pensato bene di tradire il mandato dei Lavoratori.
Il suo luogotenente (o capo ciurma) nel Lazio per la verità non aspettava altro, per tornare a dedicarsi al suo sport preferito: il maneggio. Non potendo certo lasciare nelle grinfie della sola CISL il fiorente appetitoso mercato riguardante le posizioni organizzative.
Con un’abile mossa di prestidigitazione, si è così ricomposto l’asse affaristico e clientelare di sempre. Con buona pace per le dichiarazioni di intenti unitarie ed i contenuti della mozione finale della manifestazione nazionale di Roma.
Quelle stesse OO.SS., lo rammentiamo, che circa tre anni or sono, insieme alle non rappresentative UGL e SINPA, avevano siglato l’ennesimo CCNL a perdere. Quelle stesse OO.SS. che, dopo aver sottoscritto un indecoroso accordo alla Mirafiori di Torino con lo squalo italo canadese (peraltro, un abilissimo giocatore di poker), invitano in questi giorni i Lavoratori a “sostenere” la loro ignobile scelta con un referendum farsa.
Quelle stesse insomma che da sempre fanno da cinghia di trasmissione ai vari diktat del governo, nonché dell’ex commissario oggi presidente futuro manager (speriamo da qualche altra parte) Mastrapasqua. Quello, tanto per intenderci, che poi ci mette la faccia. Bruciando in 45 secondi circa 3 milioni di euro, tanto non si tratta di soldi suoi.
Anche qui omissioni e reticenze sulla natura del prelievo, sulla provenienza dei fondi e sulla legittimità dell’intera operazione, ancora una volta solo di facciata. Nessuna trasparenza, nessuna spiegazione. Ma una grandissima faccia tosta.
Coordinamento regionale USB INPS Lazio