Quello che sinceramente oggi più infastidisce dell’ennesima presa in giro subìta dai lavoratori di Frosinone, Anagni, Sora e Cassino è la perdita della memoria.
La decurtazione dell’incentivo speciale riferito all’anno 2013 nella misura del 20% rappresenta infatti solo l’ultimo anello (lo si spera) di una lunga catena di perle inanellate da 5 anni a questa parte, per la precisione dall’infausta estate 2009.
Risalgono proprio a quel periodo le illegittime circolari emanate unilateralmente dall’amministrazione della triste era Mastrapasqua che hanno sospinto l’Istituto nel baratro attuale in cui si dibatte, la qual cosa non era poi difficile prevedere. Per ridurre i costi e per recuperare efficienza bisognava però saggiare il terreno e procedere per tentativi, una sperimentazione dietro l’altra, partendo (guarda caso) proprio da quelle sedi definite “sperimentali” che non avrebbero suscitato problemi.
Un piano strategico mica da ridere congegnato a tavolino nei dettagli al quale soltanto la nostra OS con lungimiranza si oppose (vedi i comunicati allegati).
Chi non ricorda l’operato dello sciaguratamente famoso “disaster manager” poi assurto agli onori delle cronache ed immolatosi sull’altare della KPMG? E com’è possibile far cadere nel dimenticatoio le dichiarazioni rese alla zarina al termine di uno storico Osservatorio regionale: “Si può procedere perché in sede non c’è stata nessuna grossa resistenza”.
Per non parlare, nel solco riorganizzativo non condiviso, del medesimo fallimento paventato 3 anni fa e poi dell’alacre attività del suo successore, distintosi al Casilino per le stesse decurtazioni al personale.
Non si può ben comprendere ciò che accade, se si dimentica il passato.
Del resto oggi come allora l’affronto della PPC (secondo la quale “i numeri sono stabiliti e non si cambiano, la responsabilità è dei singoli direttori, la soluzione può essere ricercata solo sul tavolo politico con opportune pezze giustificative”) è palesemente inaudito.
Eppure, questa inaccettabile litania va ormai avanti da un pezzo con tale assuefazione che invece di rovesciare il tavolo ci si giustifica. Ma di che cosa dovrebbero poi giustificarsi i colleghi per recuperare il maltolto? Di aver mandato avanti una riorganizzazione senza alcun senso? Di aver subìto un processo di integrazione che esiste solo sulla carta? Di averlo pagato tutto e ciascuno per davvero? Insomma di aver fatto il proprio dovere? E anche di più?
Quattro scarne righe mandate via mail dalla ex direzione, giusto il giorno prima del suo trasferimento (peraltro a chi è di recente già approdata in altri lidi) non basteranno certo a salvare la situazione. Solite promesse da marinai dirigenti.
Nel contempo, i confederali minacciano tardivi sfracelli. Quegli stessi confederali per i quali non c’è mai stato (né c’è) alcun problema, che a marzo si limitavano a chiedere di “non subire decurtazioni nella erogazione dei compensi”, sempre proni ai voleri dell’amministrazione affinché “le richieste trovino accoglimento”.
Una sudditanza becera e disgustosa, che purtroppo pesca ancora proseliti e nei fatti disorienta e rammollisce i lavoratori, spudoratamente condita dagli attuali proclami demagogici, che ci promettono una battaglia sempre imminente e mai combattuta. Una battaglia che, considerati gli interessi di parte, non ci sarà mai.