In queste ultime ore sui quotidiani nazionali è scoppiata la polemica contro la previsione contenuta nel Piano della Performance dell’INPS 2018-2020 di legare il premio di risultato dei medici che lavorano per l’Istituto alla revoca delle prestazioni d’invalidità civile, all’annullamento delle prestazioni dirette di malattia e alle azioni di surroga.
Sono intervenute le associazioni a tutela dei disabili, è intervenuto l’Ordine dei medici ed infine anche il Ministro della Salute ha preso le distanze da obiettivi che contrastano con la deontologia professionale dei medici. L’INPS ha replicato difendendo le scelte assunte.
E’ esploso un moto spontaneo di ripulsa nei confronti della scelta dell’Istituto guidato da Tito Boeri. Che il presidente dell’INPS sia estraneo a tutto questo è cosa impossibile visto che ha firmato la determinazione N. 24 del 13 marzo 2018 che contiene il Piano della Performance contestato in queste ore.
Tuttavia già nel 2014 la USB denunciava il tentativo di fare cassa negando il riconoscimento dell’invalidità civile, anche a seguito dell’inasprimento dei parametri per l’attribuzione del grado di disabilità e la negazione delle prestazioni, con la scusa di colpire gli abusi. Oggi in modo sfrontato l’INPS lega addirittura il premio di risultato agli obiettivi di contenimento della spesa, lanciando un messaggio inequivocabile a chi chiede prestazioni ed a chi è chiamato a riconoscerle.
Una politica odiosa, attuata sulle spalle della parte più debole del paese. Gli obiettivi produttivi ed economici dei medici INPS elencati nel Piano della Performance devono essere immediatamente cancellati, ma questo non basta: rispetto alla disabilità bisogna agire con giustizia e sensibilità sociale evitando d’imporre un rigore avulso dai riscontri oggettivi. In nome dei risparmi di spesa non si possono negare evidenti diritti. Non sarà un caso se il numeroso contenzioso in materia d’invalidità civile si risolve spesso a vantaggio dei cittadini ricorrenti, con soccombenza delle spese legali da parte dell’INPS.