Stravolgendo il chiaro dettato della stragrande maggioranza delle RSU sia della gestione pubblica che della gestione privata e con caloroso ossequio all’ultimo messaggio Hermes 8705 pubblicato dalla segreteria DG il 12 novembre scorso, CGIL – CISL – UIL e CISAL hanno pensato bene di accordarsi ieri sera per definire a livello regionale l’ennesimo succinto verbale sull’orario di servizio e di lavoro.
Nella fattispecie si tratta di sole tre righe tre che al tirar delle somme scaricano ogni responsabilità a livello locale (vedi doc. allegato), scandite da un lato dalla preoccupazione sull’accordo quadro improvvidamente sottoscritto il 29 ottobre scorso e dall’altro dall’esigenza di concedere un minimo di autonomia alle RSU.
Prendendo subito la parola, abbiamo ribadito con fermezza la nostra posizione e rammentato che, nell’assenza di un apposito tavolo negoziale sulla materia in oggetto formalmente richiesto a livello nazionale e nell’impossibilità di risolvere la problematica sindacalmente, la nostra OS è decisa a procedere legalmente.
Abbiamo anche rimarcato che il nuovo paletto fissato nelle 53 ore settimanali è stato raggiunto soltanto grazie alla mobilitazione e che comunque esso appare decisamente poca cosa se si considera il predisposto ampliamento dell’apertura pomeridiana riservata ai servizi di consulenza su appuntamento e intermediari, considerazioni queste che palesavano impacci evidenti da parte dei confederali.
La direzione regionale ci ha poi comunicato l’intenzione di prorogare, in attesa dei pensionamenti ora imminenti, tutte le assegnazioni provvisorie attualmente in essere ed abbiamo di rimando riaffermato la nostra volontà di portare avanti la mobilità regionale, faticosamente conquistata un passo dopo l’altro, tenendo pure presente che la graduatoria della mobilità nazionale è divenuta definitiva.
Per quanto riguarda la proposta di riaggregare le UOC coi bacini di competenza (peraltro non molto fedeli considerata l’ubicazione delle ASL) essa oggi impatta inevitabilmente con le indicazioni mostrate dal coordinamento generale medico legale, che prevede un drastico ridimensionamento e le inevitabili ripercussioni sia sul personale dell’Istituto (medici e infermieri) che sull’utenza più disagiata.
Di fatto, per quale motivo si continuano ad attribuire funzioni e a tagliare servizi a livello territoriale resta francamente un mistero, che speriamo qualcuno sveli.
Abbiamo infine risollevato il problema relativo alla cosiddetta integrazione (solo sulla carta) e alle verifiche regolarmente mancate a ogni livello (gli osservatori regionali e nazionali inesistenti) squarciando il velo e portando all’attenzione di tutti le assurdità che attualmente investono precise realtà della nostra regione, quali le strutture sociali e il personale di direzione centrale distaccato a Latina. Realtà accomunate almeno in parte da una identica sorte, perché in entrambi i casi il ginepraio delle competenze dirigenziali appare quanto mai inestricabile e senza dubbio ai limiti di ogni umana comprensione. Con tutta la buona volontà.
Due singoli iceberg, che tuttavia ben rappresentano la situazione in cui siamo immersi, per non dire sprofondati, da tempo.
Ma di quale integrazione infatti si parla se, per cambiare il vetro di una finestra o decretare il destino delle persone, bisogna interpellare sei dirigenti per volta?
E sono tutte materie sulle quali l’amministrazione è decisamente fuori tempo massimo…