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LA TENACE ARCURI METTE KO L'INPS, MA DAGLI ORGANI DI GOVERNO E DI CONTROLLO ANCORA OMERTA'

Nazionale,

Comunicato n. 84/18

Con sentenza N. 28923/18 pubblicata il 12 novembre 2018, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’INPS contro la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro, che aveva giudicato illegittima la sanzione disciplinare del rimprovero scritto irrogata a Maria Teresa Arcuri, la collega di Crotone ormai nota per la sua battaglia a difesa della legalità nell’INPS.

I fatti sono ormai noti. Da anni Maria Teresa Arcuri, in forza alla sede INPS di Crotone, chiede che siano verificati gli atti che riguardano l’acquisizione della qualifica di dirigente da parte della dott.ssa Alessandra Infante, già dirigente della sede di Crotone e proveniente in mobilità dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. La funzionaria dell’INPS presentò diversi anni fa una richiesta di accesso agli atti e, non avendo ottenuto risposta, interessò gli Organi di controllo dell’Istituto. A quel punto arrivò il diniego dell’accesso agli atti da parte dell’allora direttore centrale delle risorse umane, con la motivazione che la dipendente non aveva un interesse diretto, concreto ed attuale a verificare i titoli del proprio superiore gerarchico. Circa un mese dopo, alla dipendente fu irrogata la sanzione del rimprovero scritto per aver interessato gli organi di controllo (Collegio dei Sindaci e Magistrato della Corte dei conti addetto al controllo dell’ente), “violando” il principio di correttezza verso l’amministrazione (sic!). Quello terminato con la sentenza della Corte di Cassazione di ieri è il calvario che riguarda questa parte della vicenda, perché nel frattempo Maria Teresa Arcuri ha avuto di recente anche una sospensione di 45 giorni dal servizio con la contestazione, tra l’altro, di aver portato la questione che riguarda il concorso a dirigente della dott.ssa Infante all’attenzione dei media e, nello specifico, della trasmissione “Le Iene”, che da tempo si sta occupando della denuncia della collega di Crotone.

La Corte di Cassazione ha condannato l’INPS a € 8.200,00 di spese che, sommati alle soccombenze dei precedenti gradi di giudizio, ammontano complessivamente a € 19.700,00 più oneri accessori. Soldi che pagheremo noi contribuenti e non certo gli organi dell’Istituto, sia quelli di governo, di gestione e di controllo, che su tale vicenda continuano ad avere un comportamento omertoso, come si è potuto vedere nei vari servizi de “Le Iene”.

Siamo contenti di questa sentenza, perché rende giustizia non solo alla collega di Crotone, ma anche a tutte le lavoratrici e i lavoratori che hanno interesse a far affermare la legalità e la giustizia all’interno dell’Istituto e che non sono disposti a voltarsi dall’altra parte o a far finta di niente, subendo molto spesso ritorsioni ed angherie da parte di una dirigenza arrogante e presuntuosa. Ne sappiamo qualcosa noi, che abbiamo rischiato di essere licenziati per aver denunciato un’illegittimità commessa da un capo del personale dell’INPS. Non vogliamo generalizzare, ma quello che stiamo verificando da alcuni anni a questa parte non ci piace, sa di regime, ha il sapore della tracotanza di chi abusa del suo piccolo potere. Una situazione che ci rimanda ancora una volta alla celebre figura del Marchese Onofrio del Grillo, la maschera del nobile scapestrato interpretata da Alberto Sordi che, rivolgendosi ai plebei con i quali si dilettava confondersi nelle osterie romane, al momento di essere graziato da un arresto proprio perché nobile e guardia papale, esclamò – “perché io so’ io e voi nun sete un cxxxo”.

Abbiamo deciso di scrivere al Presidente del Consiglio, al Ministro del Lavoro ed al Ministro per la Pubblica Amministrazione per chiedere una commissione esterna che valuti i titoli di tutti i dirigenti dell’INPS. Se ci sono state illegittimità devono emergere una volta per tutte e non devono riguardare soltanto la dott.ssa Alessandra Infante. Nei prossimi giorni daremo conto di questa iniziativa. Ancora una volta a Maria Teresa Arcuri va il nostro sostegno e l’apprezzamento per la tenacia con cui sta conducendo una battaglia che deve essere di tutti.