Da quando è entrato in funzione (si fa per dire) il cosiddetto centralino unico, il personale addetto a questo particolare tipo di servizio si è giustamente sentito esautorato della propria professionalità e ha fatto sentire forte la propria voce, con evidenti indignazioni e legittime rivendicazioni.
Ma procediamo con ordine. Le prime disposizioni riguardanti le innovate modalità di gestione delle richieste telefoniche di informazione e consulenza fanno capo alla circolare n. 135 del 12 ottobre 2011 alle quali fanno seguito una miriade di ulteriori indicazioni circa le modalità e la tempistica da adottare verso il CCM (Contact Center Multimediale) delle chiamate dirette ai numeri telefonici delle singole sedi.
Questo sulla carta. Perché in realtà, nonostante la formale costituzione dei CRIC o Centri Regionali di Informazione e Consulenza (il passaggio organizzativo ritenuto determinante per la piena funzionalità del sistema), sull’intero territorio nazionale il suddetto meccanismo ancora oggi non funziona, con l’inevitabile strascico di proteste da parte di una utenza sempre più inferocita.
Ma la cosa veramente ignobile è stata che, pur di dare vita in qualche modo al cosiddetto Piano di integrazione delle chiamate in entrata, l’amministrazione ha pensato bene di attivare questa ennesima sperimentazione senza tenere conto delle persone. E dire che si tratta pur sempre di una categoria protetta, perché costituita da dipendenti non vedenti o ipovedenti, considerati al pari di niente.
Il programmato Piano di cui sopra parte alla chetichella tre mesi fa dal Friuli ed ha il grosso merito di compattare come d’incanto le OOSS regionali, mobilitate nella difesa dei colleghi centralinisti, di colpo esautorati delle proprie mansioni.
Dopo un periodo di relativa calma, la sperimentazione va avanti e viene estesa senza modificazioni ad altre regioni come la Lombardia, la Toscana e la Puglia. Il personale di riferimento non viene neppure consultato, nessuna informativa adeguata per le OOSS sui cambiamenti, ignorate completamente pure le RSU.
Ed ora tocca al Lazio, che per la verità doveva partire dal secondo trimestre del corrente anno, stando alla tabella del già citato Piano di integrazione allegato. Ma così non è stato perché il sistema “perfettamente collaudato” non funziona. Per non parlare della cosiddetta formazione tutta concentrata in un solo giorno, con la partecipazione (per coloro che realmente poi l’hanno fatta) di un tecnico dell’azienda telefonica il quale ha spiegato che a breve termine tutti i centralini della regione saranno progressivamente disattivati, con le chiamate riversate a cascata sul CCM ed una fase definita “transitoria” con funzioni ridotte a utenza limitata.
Sarebbe utile a questo punto sapere quanto è stato speso per un CCM che di fatto relega i nostri centralinisti da parte, ma ancor più scandaloso è che ci si preoccupi oggi del “numero degli squilli” e non della dignità delle persone.
In occasione del tavolo regionale convocato lo scorso 7 giugno 2012, la USB ha reiterato la richiesta inoltrata in data 4 maggio 2012 e rimasta tuttora inevasa, riguardante il definitivo monitoraggio delle postazioni di centralino per ciascuna sede (vedi documento allegato). In assenza di questo tavolo di confronto, considerata l’estrema gravità della situazione qui rappresentata, si procederà per mobbing.