Circa 2 anni e mezzo dopo l’inizio di una sperimentazione che indecorosamente si perpetua a danno dei lavoratori e dell’utenza, proviamo a fare il punto sullo smantellamento logistico in atto nel Lazio.
Alla chiusura della sede al tempo ubicata in viale delle Provincie ha fatto presto seguito quella delle agenzie di Fidene e Montefiascone, fino al depauperamento progressivo di Roma Centro che, al momento, conta una decina di dipendenti. La motivazione, ma sarebbe più corretto parlare di giustificazione, è sempre la stessa: esigenze di bilancio, tagli necessari, gli interessi davanti alle persone.
Emblematico il caso denunciato appena una settimana fa dalla federazione USB di Viterbo e poi finito sui giornali (vedi recensioni allegate) con la chiusura, per mancanza di addetti, del gabinetto diagnostico dell’agenzia di Civita Castellana.
Una strana motivazione con tanti saluti ai pensionati e agli invalidi che saranno d’ora in poi costretti a spostarsi. Strana, perché la filosofia che sottende questo tipo di ragionamento si traduce in fin dei conti nel taglio dei servizi ai cittadini. E questo sia che l’organico delle sedi e agenzie si trovi ridotto all’osso, sia che i lavoratori vengano addirittura considerati in esubero, perché incredibilmente la produzione scarseggia. Utilizzando naturalmente ancora il gioco delle tre carte.
Non a caso, da uno degli ultimi report che ci sono stati forniti in sede regionale emergono contraddizioni palesi con i dati di fine anno secondo i quali ben sette agenzie del Lazio risulterebbero in proiezione futura con l’organico esorbitante: cioè Sora, Anagni, Tivoli, Poggio Mirteto, Palestrina, Formia e Civita Castellana.
Da queste sforbiciate sembra, per ora, essersi salvata la sola agenzia di Anzio, il cui ragguardevole bacino d’utenza, pari a oltre 75.000 unità, ha giustamente minacciato sconquassi, con richieste formali e petizioni popolari su face book.
Ma lo smantellamento del servizio pubblico prosegue a tappeto, grazie a menti eccelse che sponsorizzano la previdenza complementare, ad un manipolo di fidi luogotenenti la cui unica “missione” è servire ed alla manovalanza della KPMG.
Per non parlare dei cosiddetti dirigenti, che si limitano ad obbedire ciecamente agli ordini come il barone Bruno, promoter della riorganizzazione a tutti i costi da Frosinone al Casilino e oggi ribattezzato a giusta ragione Disaster manager.
A questa bella combriccola vanno naturalmente aggiunti i soliti collaborazionisti di turno, fautori di quella cultura d’impresa che si preoccupa delle graduatorie di eccellenza facendo, in realtà, da cinghia di trasmissione ai diktat più insulsi. Complimenti vivissimi! Perché adesso sappiamo chi debilita la resistenza del personale, alimentando squallide ed ingiustificate competizioni tra Sedi e Filiali. Dopo il goffo tentativo nella sede pilota ciociara (col direttore unico relatore nel decantare le meraviglie di questa riorganizzazione), dopo l’ibrido guazzabuglio organizzato recentemente tra delegati sindacali ed “alti funzionari dell’Istituto”, a quando un incontro con la piovra dai mille incarichi, magari sulla necessità e la bontà della previdenza complementare? Restiamo tutti in trepidante attesa…
Coloro i quali tuttavia si saranno resi complici in un modo o nell’altro di questo indegno smantellamento provocando enormi disagi ai cittadini dovranno presto renderne conto. E prima di quanto loro stessi non riescano a immaginare.