Giulio Cesare, che di potere se ne intendeva, non si fidava dei tipi eccessivamente magri, temeva che potessero ordire complotti. Questo, almeno, scriveva Shakespeare. L’imperatore romano si riferiva a Cassio, ma siamo sicuri che Mastrapasqua, l’ossuto presidente dell’INPS, lo avrebbe inquietato allo stesso modo.
Ne sanno qualcosa i dirigenti centrali che puntualmente ogni anno ricevono gli auguri, sempre molto particolari, da parte del presidente in occasione delle festività natalizie.
Lo scorso anno Mastrapasqua ricordò loro che era stato lui a nominarli e che sarebbe stato sempre lui a rinnovare gli incarichi. Un invito nemmeno troppo velato a rigare dritti e ad essere fedeli a chi possiede il bastone del comando.
Quest’anno è andato sicuramente oltre. Di fronte ad un triste mezzo panettone, accompagnato da mezza minerale e da uno spumante (diciamo pure champagne anche se il mesto buffet comunque non se ne avvantaggia), il presidente ha voluto incontrare i direttori centrali evitando d’invitare il direttore generale al quale farebbe fare volentieri la fine del tacchino nel Giorno del ringraziamento americano.
Con la baldanza di chi ha appena ottenuto dal governo la proroga dell’incarico al 2014 per guidare l’INPS nella fase di assorbimento dei soppressi enti previdenziali INPDAP e ENPALS, il presidente Mastrapasqua ha riferito di essere considerato l’uomo più potente del mondo, aggiungendo che probabilmente questo è dovuto al fatto che il suo mandato scade dopo quello del presidente americano Obama.
Vi ricorda qualcuno? Bravi, l’ex premier Silvio Berlusconi, che dichiarò, quand’era ancora a capo del governo, di essere il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni. Vogliamo pensare che quella di Mastrapasqua fosse una battuta, peraltro poco divertente come d’altronde lo erano le barzellette di Berlusconi.
Se è vero che il potere logora chi non ce l’ha, come ha ripetutamente sostenuto Andreotti, è pur vero che a volte accade il contrario. Ci chiediamo se non sia il caso di rivedere la scelta di nominare organi monocratici alla guida di amministrazioni pubbliche importanti e socialmente strategiche come l’INPS. L’eccessiva concentrazione di potere potrebbe non garantire una guida equilibrata e pluralista. Oltretutto, il presidente Mastrapasqua sembra che abbia “deliziato” ancora una volta i direttori centrali con non troppo velati ammonimenti, comunicando l’intenzione di iniziare il 2012 nel segno della discontinuità. Quelli vicini alla sua persona si sarebbero dovuti augurare, quindi, un suo lesto ritorno dalle ferie di fine anno, mentre quelli più distanti avrebbero dovuto sperare in un prolungamento delle stesse. Ogni altro commento ci sembra superfluo...
USB Pubblico Impiego INPS
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Casa Patroni Griffi con vista sul Colosseo.
Per 109 metri quadrati solo 177mila euro.
Il titolare della Funzione pubblica ha sborsato una cifra ridicola perché fino al 2008 lo stabile era dell'INPS.
Ora l'appartamento viene affittato a 3mila euro al mese.
La prossima volta che in conferenza stampa sentirete Mario Monti chiedere sacrifici ai contribuenti italiani e pronunciare la parola equità, osservate il ministro (per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, ndr) dal doppio cognome e dal doppio stipendio che gli siede accanto. Probabilmente abbasserà lo sguardo. Quel ministro si chiama Filippo Patroni Griffi e cumula, come molti suoi colleghi, da anni lo stipendio di presidente di sezione del Consiglio di Stato, in aspettativa e fuori ruolo, alla retribuzione per il lavoro che svolge davvero. Una legge fatta su misura per la casta dei magistrati amministrativi infatti gli permette di sommare allo stipendio da magistrato la retribuzione da ministro.
Per capire perché le parole equità e sacrificio stridono con la sua situazione reddituale e patrimoniale bisogna fare un giro al Colosseo dove si trovano la celeberrima casa di Claudio Scajola e quella meno nota di Filippo Patroni Griffi. I due palazzi guardano entrambi il Colosseo e distano poche decine di metri. Quello di Patroni Griffi è di costruzione più antica e guarda direttamente verso il Palatino e il Foro Romano, mentre a sinistra vede il Colosseo. Lo stabile di Scajola invece è più nuovo e tenuto bene e guarda l’anfiteatro frontalmente. Entrambi gli appartamenti sono al primo piano ma i prezzi pagati divergono. Patroni Griffi infatti ha pagato 1630 euro al metro quadrato nel 2008. Mentre Scajola ha pagato nel 2004 il doppio: 3050 euro al metro quadrato. Ovviamente stiamo parlando solo della somma tirata fuori dal ministro di Imperia al momento del rogito, senza includere gli assegni di Diego Anemone e Zampolini. Se infatti conteggiassimo il prezzo incassato dalle venditrici si arriverebbe a 8 mila e 500 euro al metro quadrato nel 2004, cinque volte di più di quanto pagato da Filippo Patroni Griffi nel 2008.
Ovviamente le due situazioni sono molto diverse. Patroni Griffi ha ottenuto questo prezzo incredibile grazie a cinque sentenze perché era inquilino di un ente pubblico mentre Scajola lo ha spuntato solo grazie all’intervento degli amici di Angelo Balducci. L’appartamento di Scajola è scontato contro legge mentre quello di Patroni Griffi, è stato consegnato a questo prezzo scandaloso al ministro dai magistrati, anche dai suoi colleghi del Consiglio di Stato. E da settembre al doppio stipendio Patroni Griffi potrà finalmente cumulare una terza entrata: il canone mensile della sua casa di via Monte Oppio.
Nello stabile dicono che alcuni appartamenti sono stati affittati a 3 mila-4 mila euro ai piani alti. L’inquilina dell’appartamento del ministro si limita a dire a il Fatto: “Ho affittato tramite un’agenzia immobiliare, il contratto è registrato e il canone è inferiore a 3 mila euro”. Il ministro invece si appella a ragioni di privacy. Una posizione legittima se non fosse che quell’appartamento fino al 2008 apparteneva al patrimonio pubblico e per mantenerlo nel bilancio dello Stato il ministro Giulio Tremonti era arrivato a promuovere addirittura un “decreto ad domum”, come lo ha definito Sergio Rizzo sul Corriere quando ha ricordato la storia. Una sentenza della Corte Costituzionale però ha annullato quella legge promossa dall’allora sottosegretario Teresa Armosino e il ministro Patroni Griffi e gli altri condomini, tra i quali il deputato Pdl Giuliano Cazzola, sono riusciti a comprare a prezzo scontato.
Il Fatto ha visionato le carte del catasto e della magistratura amministrativa scoprendo altri particolari. Per capire perché basta guardare la foto (vedi sopra): la facciata del palazzo e la vista che si può godere sporgendosi dalle finestre della casa popolare del ministro. Avete letto bene: popolare. Patroni Griffi, infatti, ha pagato la sua casa di 109 metri quadrati catastali al primo piano con quella vista mozzafiato 177 mila e 754 euro. Patroni Griffi nel gennaio nel 2008 ha pagato, come gli altri condomini, un prezzo fissato sulla base di vecchie stime e ulteriormente scontato del 40 per cento grazie allo sconto riservato agli inquilini che comprano in blocco. Il ministero dell’economia voleva vendere senza lo sconto, come era previsto per le case di pregio. Gli inquilini però hanno fatto ricorso per lo stato di degrado dell’immobile che effettivamente necessitava di interventi di restauro. Così, grazie all’assistenza legale dell’avvocato Carlo Malinconico (ora diventato sottosegretario della presidenza) e grazie alle sentenze del Tar e del Consiglio di stato, sono riusciti a ottenere il riconoscimento di casa “non di pregio”.
Decisiva nella causa è stata la “verificazione” disposta dal Consiglio di Stato nel 2004 ed effettuata da due funzionari del ministero delle infrastrutture, Raniero Fabrizi e Filippo Di Giacomo. Entrambi figurano più volte nelle intercettazioni telefoniche del 2008 effettuate dai carabinieri del Ros nell’ambito delle indagini sulla cosiddetta “cricca” dei Grandi eventi gestiti dalla presidenza del consiglio anche se non sono mai stati indagati. Fabrizi per esempio è stato intercettato mentre presentava il figlio Fabio a un imprenditore che lavorava ai cantieri dei mondiali del nuoto, Antonio Di Nardo, il quale prometteva di far lavorare il giovane alla vendita dei suoi immobili in Sardegna. Mentre Angelo Balducci in una telefonata del 25 settembre 2008 incarica proprio Di Giacomo di chiamare il presidente del Tar Pasquale De Lise per rassicurarlo su una questione che era all’esame di Guido Bertolaso e che stava a cuore al magistrato. Questioni che nulla hanno a che fare con questa storia ma che comunque mostrano come a Roma tutti si conoscono in un certo ambiente.
La “verificazione” di Fabrizi e Di Giacomo comunque stabilisce che l’immobile “risulta ai limiti dell’abitabilità” anche per una serie di carenze nel sistema idrico e nel riscaldamento centralizzato e “richiede interventi di restauro e di risanamento”. Alla fine il Consiglio di Stato si convince che la casa non è di pregio anche perché è accatastato nella categoria A/4 quella appunto delle “abitazioni popolari”. Inoltre sarebbe a rischio sismico perché ci passa sotto la metropolitana. Effettivamente la casa di Patroni Griffi è considerata una stamberga dal Catasto. Il ministro paga le tasse per una casa al Colosseo di 4 stanze e 109 metri catastali su una rendita catastale di 850 euro annua. Patroni Griffi al Fatto replica: “L’appartamento è stato affittato con regolare contratto registrato a settembre 2011 a prezzi di mercato. Sono divenuto inquilino Inps nel 1986 perché, in quanto vincitore di un concorso pubblico e trasferito in altra regione, potevo farne richiesta. Ho pagato prima a equo canone e poi con canoni di mercato fissati dall’Ente uniformemente per tutti gli inquilini. Per quanto riguarda la vendita dell’appartamento il valore stabilito nel ’99 dall’ufficio tecnico erariale sulla base dei prezzi di mercato è stato abbattuto del 45%, come previsto dalla legge, per effetto dell’acquisto in blocco di 40 condomini, perché occupato e per le condizioni precarie dello stabile che era rimasto da anni senza manutenzione, effettuata poi dai condomini stessi a proprie spese”. E sul doppio stipendio aggiunge: “Sto aspettando e ho sollecitato questa risposta da parte degli uffici competenti affinché sia fatto un calcolo preciso del mio trattamento. Esistono infatti due possibili interpretazioni e a mio parere dovrà prevalere quella restrittiva che di fatto annulla il cumulo”. Vedremo.
da Il Fatto Quotidiano del 7 gennaio 2012
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