Il Dipartimento della Funzione Pubblica nella riunione del 31 luglio ha di fatto bocciato il Contratto integrativo INPS 2018. Le contestazioni sono state molteplici, a cominciare dal sistema delle indennità, sul quale il Ministero della Pubblica Amministrazione da diversi anni solleva eccezioni e chiede cambiamenti, per passare al super incentivo individuale e alle ferie solidali e per finire alle risorse da destinare ai progetti di sede, norma prevista dal Contratto collettivo del 12 febbraio 2018 e che nel Contratto integrativo 2018 dell’INPS è diventata invece norma programmatica, da applicare in futuro. La Funzione Pubblica in modo diretto ha invitato le parti ad applicare quello che hanno sottoscritto con il CCNL, senza rinvii e modifiche. Verrebbe da dire: chi è causa del suo mal pianga sé stesso, se non fosse che gli effetti di quel contratto li paghiamo noi lavoratori.
Tuttavia il punto principale su cui si è soffermata l’attenzione del ministero vigilante è quello del TEP, contestando che non si tratti di un istituto legato alla produttività e alla performance, come scritto nel Contratto integrativo, bensì di un istituto fisso e ricorrente. Semplice e logico il ragionamento del ministero: se il TEP è legato alla produttività perché nel Contratto integrativo è stabilito un importo mensile e perché in occasione dei passaggi questo istituto, che dovrebbe remunerare l’impegno individuale del dipendente, subisce una decurtazione attraverso il riassorbimento pari al 70% del costo del passaggio?
Ebbene, l’Amministrazione INPS per uscire dall’imbarazzo, non sappiamo se con il sostegno delle altre organizzazioni sindacali, si appresta a giustificare il TEP con il ripristino delle valutazioni individuali attraverso le famigerate pagelline che riuscimmo ad eliminare nel 2001 dopo una dura contestazione. L’altra soluzione ipotizzata sarebbe sostenere che la performance è utile per le progressioni ai livelli economici superiori e che quindi il TEP sia legato ai percorsi di carriera.
Nessuno che abbia il coraggio di sostenere la verità: il TEP, che significa trattamento economico di professionalità, premia l’impegno che viene chiesto ai dipendenti dell’INPS per realizzare la politica sociale e previdenziale del governo, che richiede un continuo aggiornamento professionale e un impegno straordinario considerato che l’Istituto opera da anni in costante carenza d’organico. Il riassorbimento di parte del TEP in occasione delle progressioni ai livelli economici superiori ha permesso una riqualificazione generale che, altrimenti, avrebbe riguardato pochi lavoratori.
Il TEP è questo e dobbiamo rivendicarlo con orgoglio e determinazione, senza scappatoie o sotterfugi. E se ai ministeri non dovesse piacere com’è costruito questo istituto vorrà dire che i lavoratori dell’INPS rifiuteranno di lavorare in condizioni di continua pressione, come accaduto ad esempio per la liquidazione delle pensioni della cosiddetta “quota 100”, limitandosi a fare quello che possono.
Oggi vengono al pettine i nodi di accordi scritti male, nei quali non si è avuto il coraggio di mettere in discussione il mantra della meritocrazia individuale, trovando soluzioni che oggi sono messe in discussione. Invece dobbiamo affermare con forza che il TEP serve a ripagare i lavoratori dell’INPS degli insulti che prendono allo sportello, dei ritmi di lavoro massacranti, dello stress accumulato in anni d’impegno lavorativo in condizioni difficili. Se gli organi dell’Istituto non sono capaci di far accettare ai ministeri vigilanti gli strumenti di riconoscimento della professionalità che il confronto sindacale ha individuato, ne dovrebbero trarre le opportune conseguenze invece di rimanere attaccati alla poltrona subendo costantemente i diktat dei ministeri.
Il problema principale, quindi, a nostro parere è interno e riguarda un’Amministrazione che è pronta a svendere i suoi lavoratori per salvaguardare sé stessa.
Per questo proclamiamo sin da ora lo stato di agitazione del personale dell’Istituto e annunciamo per il prossimo 4 ottobre una giornata nazionale di mobilitazione con manifestazione nazionale a Roma, presso la Direzione generale dell’INPS in via Ciro il Grande 21.
Monitoreremo giorno per giorno l’evoluzione del confronto tra Amministrazione INPS e Dipartimento della Funzione Pubblica, pronti ad ogni iniziativa necessaria per sbloccare la situazione e difendere le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Istituto, come abbiamo sempre fatto in passato, arrivando a presidiare ininterrottamente il Ministero dell’Economia quando sono state minacciate le risorse dell’art. 18 della Legge 88/89, fino ad ottenere il pieno risultato.