Abbiamo avuto un incontro informale con l’amministrazione sui criteri di misurazione e valutazione della performance per l’anno 2019, registrando finalmente una seppur parziale inversione di tendenza rispetto ai continui obiettivi di miglioramento che hanno caratterizzato il passato.
E’ presto per dire se le poche novità apportate renderanno giustizia all’impegno dei lavoratori di quelle sedi che finivano per essere penalizzate per la continua rincorsa al miglioramento, ma qualcosa si è mosso nella giusta direzione. A chi ha già superato la media del cluster nel quale è stato inserito sarà assegnato un “parametro ottimale”, che consentirà la liquidazione del premio di qualità nella misura massima pur in presenza di una lieve flessione. Chi invece si è attestato negli anni precedenti sui valori di 80/90 su 100, dovrà assicurare un miglioramento costante nel tempo e non si dovrebbero chiedere più tripli salti mortali per assicurarsi il massimo dell’incentivo.
Alcuni di questi correttivi avranno effetto anche sul saldo dell’incentivo 2018 e potrebbero quindi incidere positivamente sui risultati delle 33 sedi che a settembre risultavano penalizzate nel premio per la qualità. Tuttavia non si tocca la sostanza del problema, fatta di situazioni territoriali diversificate, di pensionamenti che incidono più in una sede che in un’altra, di carichi di lavoro legati alle dinamiche industriali e alla decennale crisi economica.
Sembrerebbe che l’OIV dell’INPS consideri il sistema incentivante dell’Istituto troppo piatto e poco meritocratico. Ma che ne sanno questi professori, venuti da chissà dove, della storia organizzativa e produttiva dell’INPS? Sono decenni che all’Istituto si lavora per obiettivi ed ai dipendenti è stato chiesto di assumersi sempre maggiori responsabilità, operando in autonomia in un’organizzazione orizzontale con poche figure di coordinamento dell’attività lavorativa. L’incentivo è il frutto di questi continui processi di riorganizzazione, con lo sguardo rivolto costantemente ai bisogni dei cittadini utenti. Ed una caratteristica che va rivendicata di questo lavoro per obiettivi è la rilevazione collettiva della produttività. Negli ultimi vent’anni si è tentato d’imporre un sistema di rilevazione individuale, che riporterebbe indietro le lancette della storia, tornando al cottimo. Un altro elemento che questi professori non considerano è che gran parte delle risorse che sono distribuite come incentivo sono risorse sottratte ai rinnovi contrattuali, non finite nella retribuzione tabellare, per questo noi della USB, purtroppo in solitudine nel panorama sindacale complessivo, parliamo di soldi che sono già dei lavoratori e che l’amministrazione tiene in ostaggio chiedendo un continuo aumento della produttività per restituire ai lavoratori quello che è già loro.
Infine un altro ragionamento. Siamo ormai convinti che se anche tutte le sedi raggiungessero gli obiettivi assegnati, l’incentivo non sarebbe pagato a tutti in misura piena ma si cercherebbe il modo di differenziare i pagamenti, anche in misura minima, per salvare il sistema nel suo complesso. Questa è la vera perversione che si dovrebbe affrontare una volta per tutte, altro che le cavolate dell’incentivo a pioggia e della necessità di ulteriori interventi per riconoscerlo ad una parte contenuta del personale.
Per questo noi della USB continueremo a lottare perché l’incentivo diventi salario certo e stabile e sia sottratto al ricatto della produttività. Continueremo così a chiedere anche con riferimento al premio di produzione del 2018 che nessuno sia lasciato indietro e penalizzato, soprattutto in un contesto come quello attuale, di grande confusione organizzativa e gestionale, dovuta ad un clima aziendale avvelenato da un governo dell’INPS inappropriato e privo di quella necessaria esperienza che le norme peraltro richiederebbero per tali incarichi. C’è chi si limita ad esercitare un ruolo burocratico chiedendo improbabili tavoli tecnici quando il problema è essenzialmente politico.